Zecchi: «Milano deve rilanciare la cultura “alta” degli anni ’80»

Pamela Dell’Orto

Come Londra e Parigi, anche la Milano della cultura avrà un suo vademecum. Una rivista patinata (in formato tascabile) dal nome semplice, «Milano Cultura» che, a partire dal primo febbraio, uscirà, con l’aiuto di Atm, ogni 15 giorni (30mila copie al debutto, poi con una tiratura di 60mila). Sarà una sorta di agenda che, giorno per giorno, accompagnerà milanesi e no nella ricerca della galleria e del cinema giusto. E si troverà in teatri, musei e alle fermate di tram e metrò.
È solo la prima delle iniziative che l’assessore alla Cultura del Comune, Stefano Zecchi, sta lanciando per i primi mesi del 2006 (gli ultimi del suo mandato nella giunta Albertini). Un programma ricchissimo, con il quale l’assessorato intende continuare un percorso iniziato nel 2005 (dalla conquista dell’«indipendenza» degli Arcimboldi, «diventata la nostra City Hall», fino alle celebrazioni, ancora in corso per l’Anno Mozartiano).
Un programma per rilanciare la cultura «alta», «quella degli anni ’70 e ’80, quella di Tognoli», spiega Zecchi, perché «ciò che serve è riproporre spunti per l’aggregazione culturale, un po’ come ho iniziato a fare con la Casa dei poeti». Primo progetto, dunque, quello della Casa del Jazz, da creare sulla falsariga della casa della Poesia: la sede potrebbe essere il Circolo Filologico di via Clerici, ma probabilmente anche la Palazzina Liberty, sede attuale dei poeti, perché «poeti e musicisti vivono di notte e mi piacerebbe metterli insieme».
A marzo Villa Reale diventerà il Museo dell’Ottocento (e si riapproprierà dell’antico nome di Palazzo Belgioioso). Via allora alla «Festa della Bellezza» (di cui l’800 è un secolo-simbolo) con diverse iniziative, fra le quali un gran ballo d’epoca con costumi e scenografie disegnate e realizzate dagli studenti dell’Accademia di Brera. Si apre il 9 con l’inaugurazione del Museo e si chiude domenica 12, quando il Museo del Risorgimento, il Museo di Milano e il Castello resteranno aperti (a ingresso gratuito) fino a mezzanotte.
Nello stesso periodo si inaugurerà anche il Museo permanente della Shoah, al Binario 21 della stazione Centrale. Mentre il primo aprile («data simbolica e giocosa») riaprirà, dopo anni di restauro, l’Acquario.
Fra aprile e maggio Milano sarà di nuovo pronta a trasformarsi in un enorme palcoscenico a cielo aperto con la seconda edizione di «Milano Contemporanea». Manifestazione inaugurata proprio da Zecchi lo scorso autunno (più di 40mila presenze in dieci giorni) che ha come protagoniste tutte le forme d’arte contemporanea. Una serie di appuntamenti vitali per la città, perché «il vero modo di rifondare la cultura milanese è quello di scommetere sulla sua capacità di essere contemporanea».
Subito dopo l’estate inizieranno i lavori all’Arengario dove (gli sfratti degli ultimi inquilini sono esecutivi) su progetto di Rota nascerà il Museo del Novecento. «Finalmente potremo documentare la storia del ’900, che ormai, artisticamente, è un secolo entrato nella storia. Nella prima sala ci sarà Pelizza da Volpedo con “Il quarto Stato” e l’ultima sarà interamente dedicata a Fontana. Forse ce ne sarà una per la Transavanguardia».


Ancora aperto il progetto per il Museo del Presente (per cui sono già pronti 10 milioni di euro): «Non sono convinto che la sede ideale possano essere i gasometri della Bovisa», dice Zecchi, che ha già pensato a una sede alternativa, «sarà un po’ come la Tate Modern, con «spazi grandi, e tendenza al movimento, perché l’arte contemporanea è contraria alla fissità».

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