Cultura e Spettacoli

Zeffirelli: «Per lui la musica era un richiamo di Dio»

Piera Anna Franini

La consacrazione di Carlo Maria Giulini alla Scala si ebbe nel 1953 con L’Italiana in Algeri di Rossini, Giulietta Simionato nel ruolo del titolo, la regia di Corrado Tavolini e le scene e i costumi affidati a un giovane e promettente artista, Franco Zeffirelli al suo esordio scaligero. L’asse Giulini-Zeffirelli si sarebbe saldata nel 1954, sempre alla Scala, con un altro titolo rossiniano, Cenerentola. I due nomi si incrociarono per più di un decennio. Ora che il Maestro se n’è andato si rincorrono i ricordi, per la verità lontani perché «non era semplice frequentare Giulini. Lo si vedeva poco. Era un uomo schivo, difficile da gestire come amico, non potevi invitarlo in vacanza o a cena», spiega Zeffirelli.
Asceta anche con gli amici e i più stretti collaboratori...
«E in particolare da quando perse la moglie, da quel momento si chiuse ancora di più. Lei lo teneva in movimento. I primi anni andammo insieme in giro per il mondo: Amsterdam, Tel Aviv... Era una coppia eccezionale, lui si dedicava alla famiglia con la stessa devozione riservata alla musica, e a tutto ciò che faceva».
Va da sé che chiedesse molto a chi lavorava al suo fianco.
«Naturalmente. La musica per lui era un saggio celeste. Era un uomo toccato da una straordinaria santità, molto vicina alle sfere altissime e forse anche per questo, credo e spero, la sua scomparsa è stata meno traumatica di quanto potrà esserlo per tanti di noi».
Quel suo approccio alla musica e la riservatezza estrema dell’uomo ostacolavano, in qualche modo, una naturale collaborazione?
«Anch’io ho sempre sentito nella musica un richiamo divino, quindi lavorare con un direttore con questa forma mentis è stato straordinario. Posso parlare di un’assoluta comunione di intenti».
Pur tra personalità diverse.
«Non si discute. Io così disponibile alla socialità, pronto a battute anche audaci e lui così misurato. Ricordo che arrossiva per la minima allusione a un qualcosa di osé. Ai tempi della nostra collaborazione si era giovani, spensierati, scanzonati, era facile prenderlo in giro per il suo candore e sacralità. Ma se avevamo un minimo dubbio sulla sua mancanza di humour, lui lo fugava immediatamente».


Quando vi siete visti l’ultima volta?
«Quando scomparve Maria Callas».

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