«Zelig si è messo a dieta e riparte in grande forma»

Caro Claudio Bisio non si è ancora stufato di fare Zelig?
«No, l’interruzione di un anno e mezzo mi ha fatto tornare una gran voglia. Ho digerito, fatto il ruttino e adesso ho fame».
E anche il pubblico di Canale 5 avrà ancora fame?
«È come se avesse fatto una dieta dimagrante. Era un po’ che la gente mi chiedeva: allora, quando tornate?».
Lei è uno di quelli che non dorme pensando agli ascolti?
«Li guardo per curiosità, ammesso che siano veritieri. I numeri ci dicono bene. Ma preferisco il contatto diretto, il gradimento mi piace sentirlo dal pubblico. Dalla Sicilia come da Trieste».
Ecco, il vostro è un successo spalmato in tutta Italia...
«Io non sono un sociologo, ma anche se Zelig nasce molto a Nord, non ci sono criteri geopolitici nella diffusione del programma».
Con lei c’è sempre Vanessa Incontrada. È la compagna ideale?
«Sulla scena o... ?».
Faccia lei...
«Basta ricordare quello che mi ha detto quando ci hanno presentati: "Ah, sei del ’57, come mio papà". Io il vecchio, lei la scema, è rimasto il nostro tormentone».
E in scena?
«Vanessa è bella, spigliata, spontanea. Poi sa stare al gioco. Io non gliene perdono una, quando sbaglia. Ma lei mica se la prende, anzi. Ride come una matta e mi rimanda la palla. E mi càpita di far fatica a risponderle».
Anche gli autori sono sempre gli stessi, Gino, Michele e Giancarlo Bozzo. Lei ci mette il becco?
«Molto».
E nella scelta del cast?
«Sì, guardo i provini. La memoria storica è Bozzo. L’altro giorno mi ha ricordato un mio pezzo dell’88; io l’avevo completamente dimenticato. Gino si occupa più delle scalette, Michele dei rapporti con i comici».
Seguite un copione, almeno in parte...
«Certo. Prima della trasmissione facciamo sempre una riunione con gli autori, tutti. A volte c’e un autore per un solo comico. Così siamo quindici o venti attorno al tavolo. Alla fine esce un copioncino di trenta pagine. Per il resto improvvisiamo».
Zelig però è registrato...
«Sì, ma è una registrazione per modo di dire, tanto più che è davanti al pubblico. Registriamo due sere, poi montiamo il meglio. Ma è rarissimo che rifacciamo qualcosa. Anche quando càpita l’incidente... ».
È successo?
«Sì, per esempio con Raul Cremona. In una gag del mago Oronzo mi ha messo le manette, poi ha perso le chiavine in scena. Sembrava impazzito, guardava per terra dappertutto “Non le trovo più”, mi diceva sottovoce. Alla fine ha rinunciato a fingere: “Non trovo le chiavi delle manette” ha annunciato al pubblico. La sala si scompisciava, io pure, anche se il mio ruolo non è ridere».
Quest’anno siete agli Arcimboldi. Cosa cambia rispetto al tendone?
«Penso molto. Il 28 settembre avremo un po’ di soggezione, il vero pericolo da evitare. Io nel camerino di Riccardo Muti, che fifa. Non dobbiamo farci intimidire dal luogo sacro. Che ha i suoi lati positivi, il retropalco e la graticcia, sì, insomma il soffitto, di cento metri. C’è spazio per due scenografie».
Per chi vi guarda in tv però sarà l’identica cosa...
«Vedrà solo che le poltrone sono rosse».
Qualche anticipazione...
«Nella prima puntata Vanessa canterà canzoni spagnole vintage, parodiando la Mangano e la Loren. Si farà agganciare come Giulia Lazzarini nella Tempesta. Io magari farò il fantasma del palcoscenico, con il mantello e la maschera bianca, che finisce nella buca del suggeritore. Tenendo comunque presente la nostra regola numero uno: mai prendersi sul serio. Seguita dalla numero due: entrare in scena come fosse sempre la prima volta».
Altre primizie...
«L’orchestra di Roy Paci, che quest’anno è esplosa, in senso buono, avrà un ruolo più marcato, suonando sempre dal vivo. Poi vedo un’evoluzione verso il varietà. Con citazioni ispirate a Delia Scala, Mina, Totò».
Ci sono diverse new entry e qualche ritorno...
«Due esordienti non proprio di primo pelo come Giobbe Covatta e Gioele Dix. E un romano un po’ più giovane, Enrico Brignano. Poi un rientro che mi fa felice: Anna Maria Barbera. Da milanista è come se tornasse Sheva. Saremo in tanti, talmente tanti, che faccio un sommesso invito ai critici: guardate almeno due puntate prima di giudicarci».
I migliori umoristi sono passati tutti da Zelig...
«Quasi tutti.

Mancano Littizzetto, Albanese e Cortellesi».
Chi l’ha fatta ridere di più dei suoi pupilli?
«Direi Cornacchione, Cevoli e Della Noce».
Se potesse portare a Zelig un comico del passato...
«Nessun dubbio, Walter Chiari. Un mito».

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