«Zidane come un Bourgogne Buffon è un gran Barolo»

Enrico Bernardo, miglior sommelier 2004: «Cannavaro ricorda un rosso del Sud»

da Parigi
Con la Francia ce la giochiamo. Anzi, ce la beviamo. Proprio come si trattasse di una gara tra i nostri e i loro vini, che nell'insieme sono certamente i migliori del mondo. E allora immaginiamoci una bella strategia a suon di calici di rosso, bianco e rosé, mescolando i caratteri dei vini con quelli dei giocatori. Uno scontro titanico a cavallo tra gusto e pallone. Per immaginarlo ci siamo rivolti a uno degli italiani che hanno avuto maggior successo in Francia: Enrico Bernardo, trent'anni ancora da compiere, capo sommelier del «Four Seasons» (il ristorante del prestigioso Hôtel George V di Parigi), eletto miglior sommelier del mondo nel 2004 e autore di una guida ai vini («Savoir goûter le vin», edizioni Plon, Parigi, 2005) che ha avuto un grande successo in Francia.
Che ne dice di cominciare da Zidane, spauracchio degli azzurri?
«Benissimo, cominciamo pure dal Bourgogne».
Perché questa identificazione di getto tra Zidane e il Bourgogne?
«Zidane è un grande e il Bourgogne pure. Però i comportamenti dell'uno e dell'altro possono essere influenzati da fattori esterni, talvolta imprevedibili. Capita di dire: quest'anno avremo un Bourgogne eccezionale. Poi bastano due giorni di pioggia al momento sbagliato per farci ricredere. Un dettaglio può trasformare i rossi di Borgogna da "vini del decennio" a prodotti appena sufficienti. Sulle capacità di Zidane non si discute, ma un fattore imprevedibile può renderlo nervoso e meno efficace».
Quando pensa a Zidane le viene in mente un Bourgogne particolare?
«Sì, il "Musigny", un rosso che può rivelarsi straordinario, ma che può anche rasentare la mediocrità».
Chi mettiamo a marcare Zidane-Bourgogne?
«Io ci metterei un personaggio del nostro calcio che ammiro moltissimo e che mi dà una garanzia quasi assoluta di costanza e di risultato: Andrea Pirlo. Nella nostra partita immaginaria ci metto i vini toscani. Pirlo mi fa pensare proprio al meglio della produzione vinicola toscana. Ha la classe e la regolarità, che insieme fanno la vera qualità. Come certi vini toscani, mi dà un'impressione di timidezza introversa, che va apprezzata col tempo. Quando si apre, dà il meglio di sé. Quel passaggio che ha consentito il primo gol contro la Germania è stato un calice di Brunello».
E il duello tra i portieri?
«Lì non c'è partita, tanto è ovvia la superiorità di Gianluigi Buffon».
Buffon e poi?
«Buffon-Barolo. Un gran Barolo, di quelli che garantiscono struttura, tannino, forza, profondità. Una sicurezza. Di fronte c'è Fabien Barthez, ossia un rosé di Provenza. Di quelli da bere freschi, che vanno giù facilmente. Possono dare una sensazione gradevole, soprattutto d'estate. Ma niente d'eccezionale».
Passiamo alla difesa, con la sfida tutta juventina tra Fabio Cannavaro e Lilian Thuram.
«Cannavaro mi fa pensare ai grandi vini dell'Italia meridionale».
A uno in particolare?
«Se ci rifletto, mi viene in mente il Taurasi, ossia un rosso con corpo, calore, struttura, pienezza e piacere. Tantissima decisione e nessuna timidezza. Il carattere dell'italiano che ha l'orgoglio per affermarsi all'estero».
E Lilian Thuram?
«Francamente lo ammiro. Come una bottiglia di Côte-rotie della Valle del Rodano. Struttura, decisione, fermezza di carattere».
Parliamo dell'attacco uno e trino: Totti, Toni e Gilardino...
«Qui siamo alla sublime armonia. Eleganza, classe, genialità. Mi fa pensare all'abbinamento classico di caviale e champagne».
Diciamola all'italiana...
«Allora mi fa pensare a un piatto di scampi in carpaccio, accompagnato da un grande Riesling friulano. Un insieme che esalta il palato, uno sprazzo di gusto che ci seduce: proprio come i nostri eroi riescono - in un lampo - a portare il loro affondo nell'area avversaria».
La concorrenza si chiama Thierry Henry e Franck Ribéry...
«L'amara sorpresa può venire da loro.

Mi fanno pensare al Maury, un rosso dolce della regione Languedoc-Roussillon, nella Francia meridionale. È un vino che si presta ad abbinamenti da contrasto, per esempio col cioccolato amaro. Se l'abbinamento riesce, è una delizia. Ma c'è sempre il rischio che prevalga l'amaro».

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