Milano - Allora questa è bella. Il padrone di casa dello Zoo di 105, probabilmente il programma radiofonico più esagerato e forse più seguito d’Italia, mercoledì ha annunciato sul suo blog www.mazzoli.tk che «ci hanno sospeso e multato perché diciamo le parolacce? 10 anni che le diciamo, quasi 11 e il Garante delle Telecomunicazioni se ne accorge adesso?». E poi giù una mitragliata di varie accuse, insulti, insinuazioni qualunquiste e pure qualche errore (gli italiani sono 60 milioni e non 65, tanto per dire). Comunque. Per farla breve, sulla paginata del suo blog, Marco Mazzoli ha dunque scritto chiaro e tondo che il Garante delle Telecomunicazioni ha disposto la sospensione dello Zoo di 105 e, già che c’era, «consegnato una bella multa da migliaia di euro». In effetti il programma non è in onda proprio da mercoledì e quindi, se il conduttore scrive che il suo programma è stato censurato, viene da credere che sia proprio così.
Invece no.
La direzione della radio, per bocca di Angelo De Robertis, smentisce tutto, anzi dice che non c’è nulla da smentire. È vero che l’Agcom ha contestato la volgarità di alcune trasmissioni «ma risalenti al giugno del 2009» e che no e poi no, lo Zoo non è stato censurato e non è in onda semplicemente per una decisione autonoma della rete come già avvenuto tante altre volte. Ritornerà regolarmente lunedì, sempre dalle 14 alle 16. Fin qui la cronaca.
Lo Zoo di 105 - e lo sanno tutti ma proprio tutti - è il programma radiofonico italiano più caciarone e aggressivo in circolazione, un’esplosione di battute e considerazioni estreme sull’attualità, giochi giochini e giochetti verbali che sono lì lì dal cadere nella diffamazione o nell’ingiuria. Lì lì. Quasi sempre. Quasi. E i contenuti? Beh, all’Accademia della Crusca non apprezzano di sicuro ma il successo di ascolti è clamoroso e, diciamolo, tutto sommato meritato perché dopo così tanti anni lo Zoo è rimasto un unicum inimitabile ed è quindi un marchio immediatamente riconoscibile.
Però.
Il conduttore Marco Mazzoli è abituato sul suo blog a sparare a zero su tutto, sfruttando anche un bel po’ di demagogia e scampando miracolosamente all’overdose di volgarità solo perché «le parolacce fanno parte della cultura italiana». E passi. Ma un conduttore di un programma radiofonico che protesta e si indigna per una censura che (sembra) non esista neppure come sarebbe trattato dallo Zoo di 105? Potete immaginarvelo.
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