ALLO ZOO NON C’È POSTO PER IL BACO

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La puntata di venerdì scorso del Baco del millennio - l’approfondimento della mattina di Radiouno, curato con amore artigianale da Maria Grazia Putini - era dedicato a un tema centrale per la radiofonia italiana: l’eccesso di trasmissioni di puro cazzeggio e la pesantezza della leggerezza obbligata nell’etere.
Si analizzava il male oscuro che attraversa le emittenti, quasi senza soluzione di continuità fra onde medie e modulazione di frequenza: se da un lato, quello musicale, la playlist fa diventare ogni emittente uguale all’altra, obbligando di fatto i programmatori a trasmettere tutti le stesse canzoni; dall’altro, quello verbale, si rischia di ottenere lo stesso effetto con tutti i programmi il cui scopo programmatico è quello di far ridere a tutti i costi, spesso con esiti disastrosi. Insomma, cambiano i nomi e cambiano le frequenze, ma c’è un tragico effetto marmellata, che spalma una programmazione tutta uguale.
Di tutto questo il Baco - favorito anche dal fatto che è una delle poche trasmissioni dove il cazzeggio programmatico non ha diritto di cittadinanza - ha parlato con assoluta libertà. Talmente libera da permettere ai suoi ospiti, fra i quali avevo l’onore di essere, di elogiare in diretta Viva Radiodue di Fiorello e Marco Baldini e Deejay chiama Italia di Linus e Nicola Savino che sono alcuni fra i diretti concorrenti (concomitanti o confinanti di orario) del Baco del millennio, o giù di lì. Chapeau.
Una cosa è certa. Il Baco, questo baco, non può avere ospitalità nello Zoo di 105, l’appuntamento quotidiano di Radio 105 (in onda tutti i giorni, dal lunedì al venerdì, dalle 14 alle 16, al netto delle repliche e dei Meglio di...) che è ormai un classico della radiofonia italiana. La filosofia che guida il Baco è quella di Leone Di Lernia, anche quando il personaggio pugliese non è presente nella trasmissione, e questo dice tutto. Ed è una filosofia che ha ricevuto anche la benedizione di un guru della critica come Aldo Grasso: «Lo zoo di 105 è l’Alto gradimento di oggi». Il giudizio, in realtà, è a doppio taglio e può essere letto anche come un giudizio di Grasso nei confronti dei nostri tempi. Ma a 105 ne hanno assorbito la sola pars construens, tanto da metterlo sul sito ufficiale della trasmissione, eternamente scolpito nel web.
Ma, in realtà, di questo Zoo si salva ben poco. In particolare, non si salvano le telefonate non filtrate degli ascoltatori che, spesso, si lasciano andare alle peggiori volgarità.

Fatto da Radio radicale, quando scelse di diventare «Radio parolaccia», deliberatamente, poteva avere un significato sociologico e di affresco sociale. Oggi, in questo modo, non ne ha alcuno.
Se questo è lo Zoo, aboliamo il Wwf.

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