Taijij è un piccolo villaggio di pescatori posto nella parte meridionale dell'arcipelago giapponese.
Qui, ogni anno, migliaia di delfini vengono massacrati, pochi in alto mare, i più convogliati in piccole baie dove sono intrappolati e quindi barbaramente uccisi con lance e bastoni. Molto più vicino a noi, nelle isole Faroe appartenenti alla Danimarca, ogni anno si perpetra il massacro di migliaia di Globicefali, le Balene Pilota, cetacei miti e curiosi, cacciati dai danesi perché mangiano pesce ed entrano dunque in competizione con i pescatori locali.
E allora, immaginiamo che, dopo essere stati debitamente richiamati più volte dagli angloamericani, Giappone e Danimarca siano raggiunti da un ultimatum. Cessare questa strage di massa o subire le conseguenze causate dai cacciabombardieri che si alzano in volo dalle basi alleate e convincono in modo inequivocabile le due nazioni al rispetto dei diritti delle minoranze.
Fantascienza? Oggi ancora sì, ma domani
Durante la Conferenza dell'Associazione Americana per lo Sviluppo delle Scienze che si è tenuta a Vancouver, un gruppo misto di zoologi, filosofi e ambientalisti (noto come il gruppo di Helsinki) ha concordato una dichiarazione, secondo la quale i delfini sono talmente intelligenti da doverli considerare non human persons, ovvero «persone non umane».
Da ciò dovrebbe derivare uno statuto dei diritti speciale per questi animali, da inserire nella legislazione ordinaria. Insomma, la loro intelligenza è talmente vicina alla nostra che essi meritano alcuni diritti fondamentali finora riservati alla specie umana, primo tra i quali quello di non essere uccisi per alcun motivo. Chi uccide un delfino diventerebbe, a tutti gli effetti un assassino.
Un altro cambiamento, rispetto alle norme attuali, sarebbe costituito dal divieto assoluto, tranne che per fondati motivi sanitari, di detenzione di questi cetacei nelle varie oasi o safari park o acquari che dir si voglia. Naturalmente ne sarebbe vietata la pesca e si dovrebbero assumere tutte le misure possibili per evitare che, durante le battute di pesca al tonno o ad altri pesci, questi mammiferi, così vicini a noi nella scala dell'evoluzione, rimangano intrappolati e muoiano nelle reti più o meno legali dei pescatori. Lo stesso divertimento del whale watching (l'osservazione dei cetacei), che non è più riservata alle isole Vesteralen (Norvegia) o ai mari dell'Argentina, ma sta diventando, negli ultimi anni, una pratica diffusa anche nei mari italiani, andrebbe assoggettato a severe regole che abbiano come finalità il rispetto della «privacy» di queste creature. In effetti, anche l'osservazione turistica di balene, delfini e, prima di loro, degli uccelli ha causato danni pesanti, quando messa in mano ad organizzatori e fruitori privi di scrupoli. Nidi preziosi abbandonati, rotte migratorie modificate dal disturbo continuo dei motori e dall'insistenza di volere fotografare, ad ogni costo, pinne e piume, sempre più vicino, sempre più a ridosso degli animali.
Uno dei portavoce del gruppo di Helsinki, il filosofo Thomas White ha detto alla stampa: «Ormai abbiamo evidenza scientifica che i delfini possiedono personalità, emozioni, intelligenza e consapevolezza di se stessi, come l'uomo».
Se gli si dà l'opportunità, un delfino può guardare la TV e seguire le istruzioni sullo schermo. Per le scimmie ci vogliono anni di training. Il delfino è in grado di capire il linguaggio umano e come l'uomo può avere un reale spirito altruistico. Possiede accenti e dialetti a seconda di dove vive ed è in grado di usare un vero e proprio linguaggio del corpo.
A questo punto c'è qualcuno che vuole mettere in dubbio quanto sostiene il gruppo di Helsinki, che i delfini siano non human persons?
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