Perché poi, vedete, si rimane così: autentici. In fondo Zucchero è uno che si è rimboccato le maniche, da venticinque anni è un best seller (il suo ultimo splendido cd con accenti folk Chocabeck è triplo disco di platino come spiega Alessandro Massara della Universal, mezzo milione di copie vendute in Europa), ora telefona a casa di Bono degli U2 e quindi potrebbe godersi il paradiso dorato che ogni superstar riesce a crearsi. Invece no. «Sono uno che ha seminato tanto, non sapendo quando avrebbe raccolto». Perciò adesso che ha quasi 56 anni - li festeggerà all’Arena di Verona il 25 settembre, settimo concerto stagionale laggiù - lui presenta un tour mondiale lungo due faticosissimi anni e, dopo le solite parole di rito, si scalda soltanto spiegando che «credo alla gente come il mio contadino che mi ha appena annunciato che la scrofa ha avuto i maialini, nove, e non mi ha truffato: sono nove davvero. In passato qualcuno mi aveva ingannato». No, non è un luogo comune tanto per gradire: Zucchero è proprio così, ambizioso quanto volete, a volte esagerato, ma popolare come pochi altri. E si capisce appena parla, qui in una trattoria di Peschiera Borromeo davanti a un colesterolico piatto di cotechino e lenticchie (che lui non mangia, figurarsi, è a dieta, «ma solo da due giorni eh eh»).
Tanto, caro Zucchero, in tour poi si dimagrisce.
«No, voglio partire già in forma. E dire che mi dispiace pure. Quando sono a casa, sto troppo bene lì e non mi muoverei mai. Ma poi penso la stessa cosa quando sono in giro: e non mi fermerei più».
Stavolta due anni. Cinquantamila biglietti venduti per le cinque date all’Arena. La Royal Albert Hall di Londra già esaurita.
«I numeri sono pallosi. Quando ho iniziato a girare l’Europa con Clapton nel 1989, lo vedevo suonare in posti da diecimila paganti e mi dicevo: non ce la farai mai. Adesso ci sono arrivato ma sono in ritardo pazzesco: ho già 55 anni».
Dai Zucchero, già nel 1987 l’Italia ballava al ritmo di Solo una sana e consapevole libidine...
«Penso al resto del mondo. In fondo ho sempre investito tutto nelle tournèe, non per altro ho cambiato cinque manager: se ne sono andati tutti perché non ci guadagnavano una lira. I costi sono pazzeschi».
A questo giro, poi, la band è di undici elementi: i soliti più tre fiati e tre archi che fanno anche i coristi.
«Da due mesi stiamo lavorando su nuovi arrangiamenti dei miei brani più famosi».
Scusi, ancora?
«Io sono totalmente dentro ai suoni di Chocabeck. Non voglio frastuoni».
Magari però vuole qualche ospite famoso sul palco.
«Bono, che ha scritto per me il testo di Someone’s else tears, che sarà compreso, con altri scritti da Iggy Pop e Roland Orzabal di Tears for fears, nell’edizione inglese e americana del cd, mi ha mandato il calendario del tour degli U2: mai vista una roba così fitta. Difficile che venga».
Magari Eric Clapton o altri.
«Le cose belle si decidono sempre all’altimo momento. Comunque in concerto voglio portare il cosiddetto “suono della domenica”, dove c’è energia, si balla ma ci sono anche amore e calore che si spandono nell’aria. In questa fase sono più Adelmo che Zucchero. Sono in pace»
Sintomi da prepensionamento?
«Ma va. Credo sempre di più alla gente comune».
A tutti?
«Beh qualche eccezione c’è. Ad esempio quello che mi diceva che le mie galline non facevano più uova e poi ho scoperto che le vendeva al mercato con l’etichetta “Uova di Zucchero”».
Furbetto.
«Però io voglio confrontarmi con questa roba qui, i politici appena ti giri te lo mettono in quel posto».
Tutti?
«Non ho mai saputo a chi dar retta sin da quando, da ragazzino, facevo il chierichetto e poi andavo alla cooperativa, che era poi del partito comunista».
Neanche adesso? C’è la guerra, la crisi mondiale.
«Siamo di fronte a un cambiamento epocale. Nello specifico, non so Gheddafi a questa età che cosa abbia da perdere... Di sicuro in tutta quella zona lì potrebbe scoppiare un bel bombolone e la Francia è stata troppo colonialista con Sarkozy che pecca di egocentrismo. In ogni caso capisco le difficoltà del nostro governo a prendere decisioni in questo contesto».
Chissà all’estero, le chiederanno sempre di Berlusconi.
«In realtà solo un decimo delle domande è su quell’argomento».
E lei?
«Rispondo che non ci sono alternative serie e credibili, questa è la verità, il resto sono chiacchiere».
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