Più di sessanta persone della finanza che conta tra Brescia e Milano hanno qualche problemino in più in queste ore. Si sono beccati un atto di citazione da parte del commissario straordinario della Snia per la bellezza di 3,5 miliardi di euro. Una bomba. Una montagna di euro che dovrebbero restituire alla Snia, storica società della chimica italiana, oggi in amministrazione straordinaria sotto la legge Marzano. Si tratta di una causa civile che ha pochi precedenti per la sua dimensione economica in Italia. E che vedrà la sua prima udienza entro la fine del mese,davanti all’ottava sezione del Tribunale di Milano. Dentro c’è di tutto: il filo rosso che lega i citati in giudizio è quello di aver fatto da amministratori o sindaci dal 2000 al 2009 nella Snia. Mai poltrona rischia di costare più cara a un manager. Oltre alle persone fisiche sono coinvolte anche ben più danarose società di capitali.L’atto di citazione riguarda anche la bazoliana Mittel, la finanziaria americana Ge Capital, il Monte dei Paschi di Siena oggi in mano ad Alessandro Profumo ma all’epoca dei fatti guidato da Giuseppe Mussari,e la Unipol dell’ex leader Consorte oggi in ben altre faccende impegnata. E poi i singoli amministratori che sarebbe troppo lungo elencare puntualmente: si va da Chicco Gnutti a Umberto Rosa (ex boss della società), dal professor Vitale al professor Dallocchio, dagli eredi Pinifarina a Vincenzo de Bustis. Insomma si parla di più di sessanta qualificati esponenti del nostro mondo economico e finanziario. Ma cosa avrebbero fatto di così grave per rischiare un salasso da 3,5 miliardi di euro? La questione è davvero complicata, ma proviamo a semplificarla. Una società controllata della Snia, la Caffaro (saltata anch’essa) si è beccata una supermulta da 3,5 miliardi per avere pesantemente inquinato alcuni siti produttivi nei quali operava.O meglio il ministero dell’Ambiente, che reclama questi quattrini, si è insinuato nel passivo della Caffaro e a salire anche in quello della Snia, per un importo proprio di 3,5 miliardi. Il punto è che la Snia per un periodo lungo nove anni (dal 2000 al 2009) è stato socio unico della sua controllata Caffaro. Ma soltanto il due febbraio del 2009 ne ha dato regolare comunicazione come previsto dal Codice civile. E dunque per questi lunghi nove anni la Snia, in qualità di socio unico, è tenuta a rispondere illimitatamente dei debiti della sua controllata. È per questo motivo (e per altri di contorno che riguardano operazioni straordinarie sul capitale) che oggi il commissario straordinario della Snia, senza guardare in faccia nessuno, si è messo in mente di citare per danni gli ex amministratori e soci. I giudici del Tribunale di Milano stabiliranno ovviamente la fondatezza delle accuse. Resta, nell’atto di citazione, la recente cronaca di una gloriosa impresa italiana sfasciata dalla cattiva gestione e dai morsi di una competizione sempre più forte. Un processo che sarà interessante seguire e le cui conclusioni, se accogliessero le richieste dell’amministrazione straordinaria, sarebbero clamorose e metterebbero in grave difficoltà, oltre che una pattuglia di stimati professionisti, anche nobili società oggi quotate in Borsa. Ps. Dobbiamo dare atto agli uomini del ministro Passera di aver mantenuto la promessa sulle cambiali finanziarie.
A prima vista nel decreto sviluppo hanno, e di molto, liberalizzato l’emissione di queste mini obbligazioni a disposizione delle società più piccole e più bisognose di capitali di origine non bancaria. Contrariamente a quanto maliziosamente ed erroneamente scritto nella scorsa zuppa, non sono necessarie le pagelle delle agenzie di rating. Felici di aver sbagliato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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