"Ecco come il racket dei funerali sta cercando di tagliarmi fuori"

Esposto in Procura di un imprenditore delle onoranze funebri: "Telefonate anonime e minacce. E negli ospedali ci ostacolano"

"Ecco come il racket dei funerali 
sta cercando di tagliarmi fuori"

Alle bombe e alle pistolet­tate contro le serrande non ci siamo ancora arrivati, ma Libo­rio Boscaglia, entrato da quat­tro mesi nel mondo delle ono­ranze funebri, ha già potuto provare quanto sia dura la piazza di Milano. «Tra telefo­nate anonime e danneggia­menti dei carri. Senza contare il clima negli ospedali con in­fermieri trasformati in spietati procacciatori d’affari e concor­renti che cercano di strapparti il cliente anche dopo la firma del contratto». Una serie di epi­s­odi finiti un esposto deposita­to nelle scorse settimane in Procura. La denuncia del resto com­bacia con quanto documenta­to nei giorni scorsi da Fredia­no Manzi, presidente di Sos Usura, che armato di telecame­ra si è finto un «dolente», come vengono chiamati i famigliari dei deceduti. Trovando i soliti addetti agli obitori che forniva­no solo i numeri di telefono di determinate imprese. Anzi in un caso il necroforo accompa­gnò Manzi fin dentro gli uffici di una ditta. Una pratica tassa­tivamente proibita dalla legge che impone la consegna ai do­­lenti, nel caso ne facciano ri­chiesta, dell’elenco completo di tutte le aziende sul mercato, circa 130. Una consuetudine che ave­va portato due anni fa in carce­re i titolari di una ventina di so­cietà, tra cui la San Siro e la Va­resine. Ai domiciliari finirono 41 infermieri, capaci di intasca­re mediamente dagli otto ai diecimila euro al mese. A gen­naio 2009 vennero arrestati an­che due dirigenti comunali, Luigi Balladore e Carla Ferra­ri, che dietro mazzette oscillan­ti dai 2.500 ai 20mila euro, crea­vano corsie preferenziali per le sepolture dei clienti delle dit­te del gruppo San Siro. I dipen­denti vennero licenziati e poi condannati insieme a uno dei Cerrato a pene oscillanti tra i sei mesi e venti giorni e i tre an­ni. «Sapevamo che l’ambiente non era facile ma non fino a questo punto» commenta ora Boscaglia, immobiliarista tori­nese che ha allargato i proprie interessi a Milano nel ramo delle onoranze funebri apren­do in via Gallarate 34 l’impre­sa «Cuore Milano». «Appena arrivati abbiamo “aggredito”il mercato con un campagna pubblicitaria a tappeto, propo­nendo servizi e prezzi vantag­giosi. Siamo stati subito pre­miati ricevendo una media di 3 o 4 telefonate al giorno. L’ini­zio che ci aspettavamo». Un paio di mesi e il «siste­ma » reagisce. «Prime le telefo­nate intimidatorie della serie “Cosa siete venuti a fare, torna­te a Torino”. Poi alcuni nostri mezzi sono stati danneggiati, niente di particolare ma quel­le cose fastidiose che ti fanno capire di essere nel mirino: car­rozzeria sfregiata, targhe pub­blicitarie sparite. Ma soprattut­to abbiamo visto le maglie del­la concorrenza farsi più stret­te. Ricordo per esempio il tuto­re di una anziana signora sola: era deceduta e lui doveva prov­vedere alle esequie. Mentre stava firmando il contratto ha chiamato la caposala di un im­portante struttura sanitaria. Era infuriata perché non si era rivolta all’impresa che aveva segnalato lei. In un’altra occa­sione incontriamo a casa il cliente “dolente”e non si capi­sce come arriva anche un con­corrente che comincia a offri­re i suoi servizi. Respinto non si è arreso, e ci ha seguito fino agli uffici comunali dove erava­m­o andati a sbrigare le formali­tà, continuando a proporsi». Una pratica che ha portato nelle ultime settimane un dra­stico calo di chiamate, non più di un paio alla settimana.

«Con 12mila decessi in un an­no? Non è possibile- commen­ta Boscaglia - Come non è pos­sibile che da Niguarda, 40 de­cessi al giorno, non ci arrivi una telefonata, nonostante la nostra presenza pubblicitaria sia rimasta molto forte. Alla fi­n­e ho preparato un volumino­so dossier e ora aspetto di esse­re chiamato in Procura, dove farò nomi e cognomi».

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