Riceviamo e pubblichiamo:
Il consigliere Regione Lombardia, Angelo Giuseppe Giammario, è stato assolto in primo grado dall’imputazione di finanziamento illecito ai partiti, con formula piena avendo il Tribunale di Milano accertato in data 14.1.2014, che il fatto non sussisteva.
Milano E adesso ad Angelo Giammario toccherà ritornare in quei corridoi dove la sua carriera ha in fondo avuto inizio: quarto piano del Palazzo di giustizia di Milano, procura della Repubblica. Da qui è partito il decreto di perquisizione che ieri ha reso noto al mondo che esiste una inchiesta a suo carico per corruzione e finanziamento illecito, nella sua veste di consigliere regionale Pdl. Ma i corridoi della Procura il roccioso politico di origine molfettana li conosce fin troppo bene: prima di trasformarsi in politico a tempo pieno ha lavorato qui per anni come cancelliere, ha seguito da vicino le inchieste e i processi fianco a fianco con i magistrati con cui collaborava, ha imparato dall’interno come funziona la macchina della giustizia. Ma, evidentemente, non ha imparato come si fa a schivare i rigori della legge.
Da ieri, il «caso Giammario» va ad aggiungersi all’elenco ormai interminabile delle inchieste giudiziarie che in questo tumultuoso fine d’inverno colpiscono la maggioranza che governa la Regione Lombardia. Anche lui è accusato di avere utilizzato la poltrona di politico per fare soldi. «Un avviso di garanzia non è una condanna» lo difende il governatore Roberto Formigoni.
I carabinieri del Nucleo operativo ecologico si presentano ieri mattina nel suo ufficio a Palazzo Lombardia e rastrellano documenti. Inizialmente si fatica a capire quale sia il tema esatto dell’indagine, ma un po’ per volta la notizia prende forma. A carico di Giammario ci sarebbero ben diciassette gare d’appalto truccate nel 2009, quando era già consigliere regionale, vicepresidente della commissione ambiente e capogruppo Pdl in commissione sanità. A un gruppo di quattro imprenditori attivi nel settore ambientale e del verde pubblico, Giammario avrebbe assicurato il suo intervento a loro favore in cambio dell’appoggio finanziario alle sue campagne elettorali. Si parla di cifre non enormi, un versamento di accertato di diecimila euro, e di una promessa di altri trentamila.
È una inchiesta nata a Monza, nelle mani del pubblico ministero Giordano Baggio, scaturita da una intercettazione telefonica a carico dell’imprenditore dei vivai Achille Baronchelli, in cui la Procura d Monza aveva visto le tracce di un versamento a Giammario. Il tentativo di intercettare con una microspia la consegna del denaro non era andata a buon fine, poi il giudice preliminare aveva ordinato la trasmissione del fascicolo alla Procura di Milano dove è stata affidata al procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, che qualche tempo fa aveva chiesto la proroga delle indagini e ieri ordina la perquisizione degli uffici regionali.
Di Angelo Giammario la Procura di Milano aveva dovuto occuparsi già nel 2010, indagando sui clan calabresi al Nord e la loro penetrazione nel mondo della sanità pubblica: proprio nella sede del comitato elettorale di Giammario, infatti, avviene uno degli incontri tra Carlo Chiriaco, direttore dell’Asl di Pavia affiliato alla ’ndrangheta, e Pasquale Libri, nipote acquisito di un boss calabrese, impiegato dell’ospedale San Paolo, che morirà in modo tragico e oscuro volando dalla tromba delle scale.