Politica

«Io, finito nell’inchiesta Why Not vittima di una campagna di falsità»

Francesco Indrieri: «I contatti con alcuni indagati erano solo professionali»

Riceviamo e pubblichiamo:
Si precisa che, in riferimento al procedimento Why Not, la posizione del Dottor Indrieri è stata rapidamente archiviata dal Gip in data 14 ottobre 2010 su richiesta dello stesso Pm.
Avvocato Barbara Dimasi

Francesco Indrieri, il cui nome è comparso nell’inchiesta «Why Not?», è il titolare dello studio commerciale di Cosenza tirato in ballo dal pm della Dda di Catanzaro, Emilio Le Donne, nell’audizione in Commissione antimafia del 4 dicembre scorso. Indrieri respinge ogni addebito e nega che sia l’uomo ombra di Antonino Gatto, presidente della Despar, indagato da varie procure antimafia.
Il pm dice che il suo studio ospita poche società titolari di 50mila conti correnti, 2700 appartamenti, 2200 terreni, con depositi per 10 miliardi di euro e 171 milioni in titoli, e che tali società si sarebbero aggiudicate l’80 per cento dei finanziamenti pubblici della legge 488.
«Tutto falso. Quelle cifre sono fuori dal mondo. Dovrei essere Diabolik e potrei fare concorrenza non a Berlusconi, ma a Bill Gates, se fosse tutto vero. Ma ci rendiamo conto di cosa voglia dire avere 50mila conti correnti? In realtà noi intratteniamo rapporti con soli 56 conti correnti. Tra l’altro, il 9 gennaio scorso Le Donne ha rettificato, spiegando, ad esempio, che i 10 miliardi di euro in deposito e i 171 milioni in titoli sono quelli dei 41 istituti di credito presenti in Calabria e non nel mio studio».
Ma dopo queste accuse, qualcuno si è fatto vivo per prendere la documentazione?
«Nessuno è venuto, nessuno mi ha chiamato, nessuno ha voluto nulla. Sono io che chiedo di essere sentito per spiegare l’assurdità di queste accuse».
Quanto agli immobili in mano alle società del suo studio?
«Nasce tutto da una semplice ricerca informatica, e sui documenti informatici vengono richiamate tutte le intestazioni e quindi ogni sub e ogni frazionamento delle particelle intestate, così come ogni ettaro di terreno potrebbe contenere decine di intestazioni con effetto moltiplicatore».
I magistrati hanno chiaramente spiegato che dal suo studio sono transitati l’80 per cento dei finanziamenti pubblici della 488.
«Assurdo. Il mio studio ha seguito pochi progetti di finanza agevolata, e tutti con multinazionali e primaria imprenditoria nazionale. Qui c’è della malafede. Forse dipende anche dal fatto che il gruppo Gatto ha 3mila dipendenti e rappresenta un buon serbatoio di voti».
Sta dicendo che qualcuno ha avuto l’interesse politico a far emergere queste notizie?
«Le ho solo dato un input».
Lei è indagato nell’ichiesta «Why Not?»?
«Sono stato completamente scagionato, perché il tribunale del riesame si è espresso a mio favore, la procura ha fatto ricorso ma ora la Cassazione ha stabilito che i contatti che io ho avuto con alcuni indagati derivavano solo dal tipo di lavoro che svolgo. E poi, visto chi sono gli indagati in questa vicenda, sarebbe stato impossibile non averci rapporti».
Cosa pensa delle nuvole che si stanno addensando su Antonino Gatto, presidente della Despar?
«Tonino Gatto è un galantuomo, lontano anni luce da queste faccende.

Se un suo consorziato ha problemi con la procura di Palermo, Gatto cosa c’entra? Di sicuro ne era all’oscuro».

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