La faida dell'aeroporto «Pagherai tutto, fallito»

Guerra tra aeroclub e appalti irregolari nello scalo di Bresso Contestata una truffa da quasi 2 milioni. Cinque gli indagati

Sono cinque gli indagati nell'inchiesta su chi ha gestito per anni l'aeroporto di Bresso. E le accuse sono pesanti: truffa ai danni dello Stato, turbativa d'asta, minacce e ingiurie. E sarebbero reati ripetuti nel tempo dai rappresentanti dell'Aero Club Milano, che è anche la scuola di volo più antica e blasonata d'Italia, ormai da tre anni al centro di un ciclone.

Tutto è iniziato con uno scontro interno tra aviatori: a qualcuno non andava bene come funzionava all'interno dello scalo milanese e ha iniziato a staccarsi dall'associazione principale. Chi da solo, chi fondando l'Aero Club Bresso. Lo scontro è stato inevitabile e ha causato, nella primavera 2013, anche un'incursione notturna negli hangar a danno dei non allineati. Quattro aerei sono stati distrutti. E su questa spedizione punitiva gli investigatori della Digos e della Guardia di Finanza non sono stati in grado di far luce. Hanno però acceso molti riflettori sulle attività all'interno della struttura: il modo in cui venivano gestite era stato oggetto di una delle tante denunce degli scissionisti. E anche negli uffici romani dell'Enac a qualcuno è corso un brivido lungo la schiena quando ha visto entrare la Finanza, tanto da spingere il direttore generale a ribadire in una comunicazione interna di aver sempre detto che i beni dello Stato dovevano essere affidati solo con gare di evidenza pubblica. Procedure che a leggere le carte del tribunale sembra nessuno osservasse all'ombra della Madonnina.

E adesso gli ultimi presidenti dell'Aero Club Milano si trovano delle accuse piuttosto pesanti da affrontare: Mario Battistello, Andrea Luca Tremolada e Paolo Franzo sono sotto accusa perché «in concorso e previo accordo tra loro, in tempi diversi ed in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, nelle loro rispettive qualità di presidente pro-tempore dell'associazione Aero Club Milanosi procuravano un ingiusto profitto in favore della predetta associazione pari ad euro 1.989.176». Soldi che dovevano entrare nelle casse pubbliche. Inoltre Franzo e Riccardo Perrone, quest'ultimo già rimosso da tempo dall'incarico di direttore aeroportuale di Milano-Linate, «turbavano il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto di atti equipollenti il bando di gara», scrivono i magistrati. Invece cioè di passare per una regolare gara ad evidenza pubblica, utilizzavano «in alternativa la procedura dell'affidamento diretto al fine di orientare la modalità di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione». Perrone, sottolinea l'avviso di conclusione indagini, ha «l'aggravante di aver commesso il fatto con abuso dei poteri ed in violazione dei doveri inerenti una pubblica funzione».

E la vicenda ha coinvolto più persone, tanto è vero che tra i tifosi dell'Aero Club Milano c'è Renato Lamonica, anche lui nelle carte del pm Tiziana Siciliano per le minacce e le ingiurie riservate al vicepresidente dell'Aero Club Bresso. In particolare ci sono due messaggi che chiariscono quanto le questioni sollevate dagli scissionisti dessero fastidio: «Ripugnante disgustosa vacca fallita». E «Pagherai tutto lurida fallita vomitevole balena in putrefazione». Non proprio un lord. Ma tra scorrerie notturne e altri fatti discutibili l'epopea dello scalo milanese non poteva non avere anche qualche minaccia contro una donna di cinquantanni.

Dopo tutto l'aeroporto è stato per anni il rifugio sicuro anche della primula rossa del Mose Andrea Agostinone, il consulente finanziario milanese che è stato l'unico a sottrarsi alla cattura fuggendo prima a Malta e poi a Dubai quando scattarono le manette.

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