Da nord a sud, l’Italia delle stragi tra le mura di casa

Si ferma qualche giorno la corsa frenetica del vivere quotidiano. Arriva la sosta, niente levatacce e cartellino, è Pasqua, finalmente un po’ di vacanza. Il tempo per ritrovarsi, per stare insieme.
Invece no. La festa si trasforma in strage. In un giorno che sembra impazzito, colorato dal sangue. Da nord a sud dello Stivale.
Così a Padova l’amore di due ragazzi si frantuma nel giro di poche ore lasciando il posto all’orrore. È successo domenica sera a Noventa Vicentina quando Luca Bedore, un ventiquattrenne di Stanghella, ha ammazzato la sua compagna, Luana Bussolotto, 27 anni, soffocandola con una sacchetto di nylon. Erano appena entrati nel loro nuovo «nido» i due ragazzi, ancora stavano ultimando la ristrutturazione. Tanto improvvisa quanto violenta è esplosa la lite. Urla, botte e la furia cieca. Fino a che lui l’ha soffocata mettendole in testa un sacchetto di nylon. Quindi ha cercato di farla finita impugnando un coltello con il quale si è vibrato alcuni colpi al petto. Ferito e sanguinante, è rimasto accanto a vegliare il cadavere fino a ieri mattina. Alle 7.30, sfinito ma ancora vivo si è accorto che l’istinto di sopravvivenza è forte, così ha chiamato il 118 chiedendo aiuto. Ora si trova piantonato all’ospedale di Noventa Vicentina in prognosi riservata.
La bussola di quel male nascosto che divora l’anima e talvolta arma le mani non conosce latitudine. A Lucca una madre, nello stesso giorno della colomba, ha ammazzato il figlio malato prima di togliersi la vita. Siamo a Lucca, Paola Salani, 62, il suo piano probabilmente l’ha studiato a lungo. «Sono malata, sono stata io a uccidere, non incolpate mio marito né altri», lascia scritto in casa. L’uomo è uscito per una rapida commissione, lei stessa gli aveva chiesto di andare in farmacia. Una scusa. Al rientro Giuseppe Marchi trova a pochi metri dalla porta di ingresso un cartello con scritto «Beppe non entrare perché ti può fare del male». Aveva progettato ogni dettaglio Paola. C’era la pistola, una calibro 38 regolarmente detenuta dal marito, e soprattutto la ferrea volontà di chiudere i conti con l’angoscia. Quel figlio grande ma malato, la paura di non farcela più. Così ha ucciso Angelo, 39 anni: sei colpi al torace. Ha ricaricato e ha premuto il grilletto ancora una volta. Contro se stessa.
«Una volta - prova a spiegare la psicologa Vera Slepoj - la Pasqua era libera da prospettive familiari, era una festa più religiosa, ma libera a livello sociale. Oggi invece è caricata di significati legati alla famiglia, simili a quelli del Natale e comporta, di conseguenza, una presa di decisione familiare, con tutto ciò che ne deriva».
Segno dei tempi. Cupi. Come l’esplosione di follia che a Rosolini, in Sicilia, ha portato lo stesso giorno un marito a tentare di ammazzare la moglie. Dopo averla strangolata Nino Adamo credendo fosse morta è fuggito. Una breve corsa verso la campagna. Lì è entrato nel suo casolare e si è impiccato. Lei invece era, ed è, ancora viva.
Cambia lo scenario, cambiano i protagonisti, ma le storie si assomigliano. Tensioni familiari, difficoltà economiche, malattie trasformano sempre più spesso le mura di casa in campi di battaglia.

«Dalla madre che uccide il figlio e si suicida, al convivente che non regge lo stress di una condivisione di vita, al marito sulla moglie. In tutti questi casi - analizza ancora Slepoj - il delitto familiare è l’espressione dell’incapacità di gestire un conflitto, di non reggere alle aspettative, di non accettare perdite o separazioni».
Logico?

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica