Nuove frontiere

Una nuova soluzione per il paradosso di Schrödinger

Il celebre paradosso di Schrödinger è stato rivisto da un gruppo di scienziati, tra i quali figura anche un italiano. L’idea è quella di avvicinare le leggi del subatomico a quelle dell’infinitamente grande

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Il paradosso del Gatto di Schrödinger è uno dei pilastri più resistenti della fisica quantistica. Ora, grazie a un gruppo di scienziati, tra cui figura anche Matteo Carlesso del Dipartimento di fisica dell’Università di Trieste, viene proposta una rivisitazione dell’equazione di Schrödinger, che ha trovato spazio sulla rivista Journal of High Energy Physics.

Per capire di cosa si sta parlando è opportuno ripassare brevemente sia il concetto di meccanica quantistica sia quello della relatività generale, ancora oggi ritenuti per lo più incompatibili anche se, avvicinandosi alla questione con una visione più ampia, in realtà ci si rende conto che più si approfondisce il legame tra il mondo quantistico e il mondo della Teoria generale della relatività, più emergono problemi che si dipanano su diversi livelli. Per usare un termine tecnico, e questo ci riporta al lavoro dei fisici, con la rivisitazione del paradosso di Schrödinger si vuole "quantizzare l'universo".

Cosa è il paradosso del Gatto di Schrödinger

Senza entrare troppo nello specifico, la fisica si fonda sulla meccanica quantistica e sulla Teoria della relatività generale. La prima approfondisce il mondo subatomico, indagando nei meandri delle particelle e delle onde, mentre la Teoria della relatività generale spiega la gravità introducendo l’idea dello spazio-tempo come qualcosa di curvo e dinamico le cui geometrie variano in continuazione.

Per essere più chiari: la Teoria della relatività generale descrive i fenomeni gravitazionali che riguardano i corpi celesti, la meccanica quantistica descrive le interazioni tra particelle, il mondo subatomico, le parti microscopiche della materia. Questo genera un problema: i corpi celesti sottostanno alle logiche gravitazionali (dominio della Teoria della relatività generale) e sono comunque fatti di atomi, dominio questo della meccanica quantistica.

Il fisico austriaco Erwin Schrödinger, nel 1935,ha voluto spiegare i sistemi quantistici ricorrendo alla figura retorica del gatto più famoso della fisica. La spiegazione semplice è questa: un gatto è chiuso in una scatola insieme a un dispositivo che potrebbe ucciderlo. Un eventuale decadimento radioattivo di una sostanza romperebbe una provetta con del veleno rilevandosi letale per il felino.

Fino a quando non si apre la scatola, il gatto rimane in una sovrapposizione di stati (può essere vivo oppure morto) e, per fugare ogni dubbio, occorre misurare il sistema, ossia bisogna aprire la scatola e costatare in prima persona se il gatto è deceduto oppure no.

La possibilità che il gatto sia vivo dipende quindi dal decadimento radioattivo, argomento che appartiene al mondo della meccanica quantistica, dell'infinitamente piccolo.

Conciliare il mondo subatomico con l’infinitamente grande

Il lavoro svolto dai fisici è stato illustrato da Carlesso, intervistato da Wired Italia. Un nuovo paradigma tanto necessario alla fisica e alla sua evoluzione perché c’è ancora molto da scoprire e, per usare le parole del fisico americano Richard Feynman: “chi dice di capire la meccanica quantistica non capisce la meccanica quantistica”.

Il gruppo di fisici ha voluto avvicinare le leggi del piccolissimo a quelle dell’infinitamente grande. L’idea è quella di studiare l’universo supponendo che sia nato come entità quantistica, ossia in una sovrapposizione di diversi stati (così come il gatto è, allo stesso tempo, sia vivo sia morto).

Così lo studio si è concentrato sull’ipotesi di sovrapporre diverse geometrie dello spazio-tempo e comprendere come e quando una di queste ha prevalso sulle altre. Carlesso e colleghi hanno voluto trattare l’universo intero come un Gatto di Schrödinger.

Ispirandosi a un tentativo di quantizzazione della Teoria della relatività generale teorizzato nel 1967 dai fisici John Archibald Wheeler e Bruce DeWitt, il gruppo di lavoro di cui fa parte Carlesso ha teorizzato in modo attendibile – con margini di perfezionamento – che l’universo nasce in uno stato quantistico, per poi collassare nello stato che conosciamo oggi.

Tuttavia, i test a supporto sono al quanto complessi da effettuare perché, dice Carlesso, "copiare" l’universo e compiere delle misure è impossibile.

In ogni caso, teorie come queste possono essere sviluppate grazie alle tencologie attuali, che consentono di spingersi laddove - solo pochi decenni fa - era impossibile arrivare.

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