La paura domina il dibattito politico, ma una parte della sinistra risponde con ricette punitive e nostalgiche. Così il progresso diventa minaccia e il cambiamento un nemico, a danno proprio dei più fragili
La paura domina il dibattito politico, ma una parte della sinistra risponde con ricette punitive e nostalgiche. Così il progresso diventa minaccia e il cambiamento un nemico, a danno proprio dei più fragili
In Italia, ormai, ci sono due sinistra. Una riformista e liberale, che usa l'economia per far crescere chi è rimasto indietro, e un'altra massimalista che la utilizza in modo punitivo, per far crollare chi sta in alto. Il commento di Giovanni Toti
Decidere quanti soldi chiedere ai cittadini attraverso il prelievo fiscale e come impiegarli per il bene comune è la quintessenza della democrazia rappresentativa
"La libertà di parola è a rischio quando governa la destra". Così la segretaria del Pd, Elly Schlein, dal palco del congresso del Partito socialista europeo. Nel nostro Paese la "doppia morale" è ormai un'abitudine consolidata: insulti, accuse e perfino violenze vengono giudicati con misura diversa a seconda che colpiscano la destra o la sinistra. Stavolta però si è fatto un passo oltre.
I palestinesi continuano ad essere utilizzati dalla sinistra italiana quale pretesto per fare casino, per protestare, insomma, per un manifesto politico che tutto ha a che fare tranne che i palestinesi
Protestare senza violenze per ciò che sta accadendo in Medio Oriente e per esprimere il proprio pacifismo è legittimo, ma chiedere al governo di interrompere ogni rapporto economico con Israele porta a un danno in primis per i lavoratori italiani. Gli stessi che, almeno in teoria, dovrebbero essere rappresentanti dai sindacati scesi in piazza a fianco dei pro Pal
All'Onu, tempio dei diritti, lo Stato ebraico ha subito un processo politico ad opera di Paesi autoritari come Iran e Corea. Nelle piazze italiane i pro Pal si sono scatenati in cortei violenti, ma sono stati giudicati con indulgenza. Il commento di Giovanni Toti
Ogni tanto, nel nostro Paese, riaffiora un "giudice a Berlino". Questa volta lo si è intravisto nella pronuncia del Tribunale del Riesame di Milano che ha demolito l’impianto accusatorio costruito dalla procura milanese. Un impianto che, sulla base di intercettazioni parziali ha tenuto agli arresti domiciliari, o addirittura in carcere, i protagonisti di quello che era stato definito un "sistema corrotto" dietro lo skyline del capoluogo lombardo. Solo una voce si è levata a difesa del percorso intrapreso da Milano: quella di Roberto Vecchioni.
La premier Meloni e il ministro dell'Economia Giorgetti hanno tenuto i conti con il cordone stretto, esercitando una cautela che ha evitato al Paese costi ingenti. Ora è arrivato il momento di una vera spinta riformista, che renda l'Italia la democrazia liberale con il cittadino al centro
Il messaggio che arriva da Pechino è chiaro e ci impone una domanda: quanto siamo disposti a rischiare per difendere il mondo che abbiamo costruito? Il commento di Giovanni Toti