Alberto Giannoni
Anche la Lombardia è pronta al referendum sulla Tav, per avere la linea veloce in grado di collegare meglio anche Milano (non solo Torino) a Parigi e al resto dell'Europa.
Il Pirellone, come la Regione Piemonte, vuole giocare la partita fino in fondo, nel caso in cui da Roma arrivasse una decisione negativa. È il governatore Attilio Fontana a recapitare un messaggio preciso al Consiglio dei ministri: «Nel caso in cui il Governo decidesse per il no alla Tav - ha detto il presidente della Regione - potremmo valutare l'ipotesi di far sentire di più la nostra voce. Se l'unico mezzo fosse il referendum, saremmo disposti anche noi a seguire l'esempio del Piemonte». Lo ha scritto su facebook il presidente lombardo, commentando un articolo sulla pressione delle Regioni settentrionali, intenzionate a fare il possibile per avere l'infrastruttura, su cui peraltro il governo deve decidere in tempi stretti. Un'ora dopo, fra interviste e social, Fotana ha rincarato, spiegando:
«La Tav è un'opera fondamentale per lo sviluppo della Lombardia: credo che ci si stia indirizzando verso qualche modifica, ma nell'ambito della realizzazione dell'opera; se il Governo dovesse invece dire no - ha ribadito - valuteremo anche noi come altre regioni l'ipotesi del referendum».
Al Pirellone tendono a non accreditare ricostruzioni che vogliono i governatori leghisti impegnati su «fronde» o fronti interni alla Lega. Fontana è semplicemente il governatore della Regione economicamente più forte e dinamica del Paese, e svolge fino in fondo questa funzione, curando gli interessi del territorio e del sistema produttivo lombardo, che la Tav la chiede a gran voce.
È chiaro tuttavia che la questione pone seri problemi al principale alleato della Lega, quel Movimento 5 Stelle che ha sempre fatto del «no» alla Tav una bandiera fondativa.
E così, mentre il leader leghista Matteo Salvini ha fatto sapere che intende rimettersi al premier, Giuseppe Conte, nell'entourage dell'altro vice premier, Luigi Di Maio , si continua a tenere duro, anche perché un dietrofront sulla Tav equivarrebbe alla implosione del movimento grillino. E a parlare, ieri mattina, è stato il sottosegretario agli Affari regionali, il milanese Stefano Buffagni, chiudendo la porta un'altra volta: «Salvini - ha detto il braccio destro di Di Maio - fa bene a dire quello che vuole, io una mia idea ce l'ho, anche se la Tav venisse portata avanti, prima di 20 anni non sarebbe pronta. Rimango delle mie idee: è un progetto obsoleto». Ne ha parlato, Buffagni, a margine della presentazione del Fondo Nazionale Innovazione a Torino, commentando proprio il pressing della Lega per realizzare l'opera. «Credo - ha detto ancora l'esponente dei 5 Stelle - che non si debba parlare di un progetto di 20 anni fa». «Io credo sia necessario parlare del futuro». La Tav - ha aggiunto - «si può superare facendo altre cose, utilizzando quello che già esiste ed investendo quei soldi su progetti che possono servire». «La Tav - ha concluso - oggettivamente, ha un costo spropositato».
Sul caso è intervenuto anche il ministro dell'Agricoltura, il pavese Gian Marco Centinaio: «La Tav, l'ho detto e lo ribadisco, è un'opera che serve - ha detto - In quanto ministro dell'Agricoltura e del Turismo mi occupo di spostare merci e persone, quindi guardo alla Tav non come alla diatriba fra Mazzola e Rivera o fra Coppi e
Bartali ma come a un'opera necessaria». «Come venire a capo dell'opposizione dei 5 stelle? Portando avanti l'azione di governo - ha aggiunto il ministro - così come è stato fatto finora e basandosi sul contratto di governo».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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