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Napoli

Il distanziamento sociale, la pulizia degli ambienti e l’igiene personale, soprattutto il lavarsi le mani, sono alcune delle regole principali da seguire per prevenire il contagio da Covid-19. Ma in luoghi dove le condizioni igienico-sanitarie sono precarie, dove mancano i servizi minimi essenziali e le abitazioni sono baracche, spesso sovraffollate, queste raccomandazioni diventano difficili da seguire. Siamo stati in un campo rom abusivo, a Giugliano, in provincia di Napoli, un insediamento ai margini della città dove vivono circa 80 famiglie: quasi 500 persone, di cui più della metà sono minori. Loro, hanno saputo dell’emergenza coronavirus dalla televisione, quella che riescono a vedere perché si sono allacciati illegalmente alla rete elettrica. Fino a qualche mese fa nel campo non avevano nemmeno l’acqua corrente. Si contano sulle dita di una mano gli abitanti della baraccopoli che indossano una mascherina. Qualcuno le ha realizzate a mano per i familiari. La paura per il virus c’è ma non ha cambiato i rapporti sociali nell’insediamento. L’unico distanziamento che mettono in pratica nel campo è da quel mondo esterno da cui già erano emarginati

Agata Marianna Giannino
La vita in un campo rom ai tempi del coronavirus

Un reparto di terapia intensiva costruito in circa 30 ore. Non è successo a Wuhan né a Milano, ma a Napoli, dove per rispondere all’emergenza sanitaria del coronavirus è stato costruito il nuovo reparto dell’Ospedale del Mare, nel quartiere Ponticelli, riservato ai pazienti Covid-19. La struttura è stata messa in piedi con dei moduli prefabbricati in una zona vicina ai parcheggi dell’ospedale. Il video in time lapse è stato condiviso sui social dal consiglierei dei Verdi, Francesco Borrelli. (Lapresse)

Redazione
Napoli meglio di Wuhan: il reparto di terapia intensiva costruito in 30 ore
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