007 privati, meno «corna» più spionaggio industriale

Non più singoli Sherlock Holmes, detective privati abili nell'«arte di interpretare le orme», ma network aziendali strutturati, presenti in molte città italiane, soprattutto all’ombra del Pirellone. Protagoniste di un vero e proprio boom negli ultimi due anni, le agenzie di investigazione si stanno ritagliando un ruolo sempre più importante tra i cittadini in tema di sicurezza. La Lombardia, secondo uno studio della Camera di commercio di Milano, è la regione più spiata con le sue 526 agenzie (+13% rispetto al 2007), 214 in più della seconda classificata, il Lazio. Milano, che ha triplicato il numero di licenze concesse ai detective negli ultimi dieci anni, è la seconda provincia più spiata d’Italia, dietro solo a Roma (259 agenzie per la capitale, 258 per il capoluogo lombardo).
«Le grosse aziende di investigazione - precisa Vincenzo Francese, amministratore delegato di Axerta, network investigativo attivo dal 1963 - hanno preso il posto delle piccole agenzie: servono più uomini preparati ad affrontare casi specifici e si rischiano meno brutte figure».
Dal tradimento di coppia, alla preoccupazione per un figlio che si è messo «in un brutto giro», ai classici pedinamenti, anche i casi affidati agli investigatori privati sono cambiati nel corso degli anni. Con l’avvento della crisi, c’è molta più richiesta d’interventi per combattere l’assenteismo, il furto di brevetti, la concorrenza sleale, lo spionaggio industriale.
«Un caso tipico - spiega Francese - è quello di chi vende l’azienda e ne costituisce subito un’altra, facendola dirigere da un prestanome e mettendo nei ruoli chiave i manager e i dipendenti della sua ex impresa. Con know how, clientela e manodopera già acquisita, è una barzelletta lucrare slealmente. A dimostrazione di tutto ciò, in Lombardia il 70% dei casi sono di natura aziendale».
Ma quanto costa assumere un investigatore privato? Mediamente, ogni agente viene pagato dai 50 ai 100 euro all’ora, ma le tariffe possono raddoppiare in caso di situazioni particolarmente complesse. Se l’investigatore, infatti, è costretto a prendere un aereo o una nave, a noleggiare un appartamento o un camper, o a muoversi repentinamente da una città europea all’altra, i prezzi cambiano. E molto: ogni anno si spendono in Italia circa 350 milioni di euro (+20% di fatturato rispetto al 2008) in investigazione privata, spesso utilizzata prima di fare causa a qualcuno, per ottenere quelle prove spendibili in qualsiasi fase del procedimento giudiziale. Ma, anche in questo ambito, non mancano i raggiri.
«Abbiamo - spiega Genuario Pellegrino, presidente di Federpol, la federazione italiana istituti di investigazioni, informazioni e sicurezza - un grosso problema di abusivismo, generato anche dalla leggerezza con cui certe Prefetture hanno concesso licenze a persone non adatte. Il 14 aprile abbiamo firmato dei decreti attuativi, ora all’esame del Consiglio di Stato, che impongono determinati requisiti tecnici per poter svolgere la professione. Il futuro detective deve possedere almeno una laurea triennale, un praticantato dai 2 ai 5 anni presso un’agenzia riconosciuta e non aver mai esercitato abusivamente il mestiere. Abbiamo anche avviato una partnership con l’università del Molise per un corso professionale di scienze dell’investigazione privata. E presto partirà anche una laurea triennale».
Il prototipo del detective resta quello di uno Sherlock Holmes al maschile. In Lombardia solo il 14,8% dei titolari delle agenzie è donna (rispetto a una media nazionale del 12%) e il 4% è straniero, contro una media italiana del 3%.

A Milano, dove un responsabile su tre ha un’età compresa tra i 20 e i 39 anni, le donne sono il 16,2% e gli stranieri il 7,4%.
«Ho molte collaboratrici - rivela Pellegrino - e tengo in grande considerazione gli input che mi danno in maniera tempestiva e intuitiva. Loro sì che hanno una marcia in più».

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