Andrea Cuomo
da Roma
Giorni fa, dopo la morte di un sedicenne in una corsa clandestina alla periferia di Roma, aveva preso mouse e tastiera per scrivere al sito internet della Gazzetta dello Sport una lettera che ancora ieri era leggibile on line, dal titolo «Basta con le folle sfide in auto».
Ma un conto è la teoria e un altro la pratica. Soprattutto se di mezzo cè il cuor di papà. E così è bastata unaccorata telefonata della tata per convincere Giancarlo Fisichella, pilota di Formula Uno, a spingere sul pedale dellacceleratore della sua auto fino a 148 chilometri allora. Una cifra che ha fatto strabuzzare gli occhi dei poliziotti messi a controllare lautovelox piazzato sullAppia Nuova alle porte di Roma, in località Santa Maria delle Mole, in un tratto in cui il limite è di 60. Gli agenti - erano le 4,30 della mattina di ieri - hanno fermato quel missile e, invece di veder scendere uno stralunato reduce del sabato sera, si sono trovati davanti il trentaduenne pilota romano della Renault. Che non ha cercato scuse e ha consegnato la patente. Poi, ai giornalisti, racconterà ciò che lo ha spinto a scambiare la pacifica Appia Nuova con Monza o Silverstone: «Erano le 4,30 del mattino - spiega Fisico - e con mia moglie eravamo a casa di amici, dopo aver lasciato nostro figlio con la tata a casa con un po di febbre e mal di orecchi, ma niente di preoccupante. Abbiamo ricevuto una telefonata dalla tata che ci ha detto la febbre era aumentata quasi a 39 e che il bambino piangeva, chiedeva della mamma e che lei non riusciva a calmarlo. Allarmati ci siamo messi subito in macchina, mia moglie era un po agitata. Preoccupato, sono andato più veloce per arrivare prima possibile a casa da mio figlio».
Correre è il mestiere di Fisichella. Ma correre in soccorso dei figli è unaltra attività usuale del vice-Alonso. Che già qualche mese fa, a inizio stagione, dopo la vittoria a Melbourne, fu costretto a precipitarsi a Roma perché il secondogenito era stato ricoverato al Bambin Gesù. Ma ieri la preoccupazione è costata davvero cara a Fisichella, che ora dovrà ingaggiare un autista per spostarsi. Ma non avrà bisogno di «chaffeur» sulle piste della Formula Uno, dove infatti vale la superlicenza Fia e non la patente a punti.
Fisichella comunque può consolarsi. Non è infatti il primo pilota famoso con il piede pesante anche in borghese.
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