1910, nasce il club del lavoro

Cinque maggio. Una data che Alessandro Manzoni scolpì nella memoria di tutti riferendosi al fatale 1821 in cui, dopo anni di mesto confino, spirò Napoleone Bonaparte. Ma nella nostra storia c'è almeno un altro 5 maggio da ricordare. E' quello del 1910, quando l'industriale della seta Louis Bonnefon, un francese trasferitosi a Torino, costituì nel capoluogo piemontese la Confederazione Italiana dell'Industria, unendo di fatto consorzi e federazioni appartenenti a diversi settori produttivi. Erano anni pionieristici, la grande industrializzazione (con un po' di ritardo, per la verità) sbarcava anche nello Stivale e stavano vedendo la luce aziende destinate a divenire colossi che avrebbero fatto la storia: pensiamo solo alla Fiat, del 1899, all'Alfa Romeo, proprio del 1910, e alla Pirelli, che nel 1901 aveva prodotto a Milano il primo pneumatico per automobile. Le città italiane, soprattutto quelle del Nord, si riempivano di cemento, acciaio e ciminiere. Erano i pulpiti dai quali Marinetti inneggiava a un futuro meccanico e radioso, all'insegna del metallo, del vapore e della velocità.
Non è dunque un caso che a un secolo preciso di distanza sia stata scelta Milano, e precisamente la Triennale di viale Alemagna, come prima sede dei festeggiamenti per il centenario di Confindustria. Proprio in Triennale, infatti, è stata inaugurata ieri la mostra fotografica «Cento anni di imprese per l'Italia», che condensa in oltre trecento immagini e video (curati da Cesare Colombo e suddivisi in 23 capitoli tematici) i momenti più significativi e le tappe più suggestive della storia dell'industria di casa nostra. A Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, è spettato il compito di tagliare il nastro dell'esposizione, che resterà a Milano per un mese, fino al 6 giugno, e in autunno, dal 30 settembre al 30 novembre, si trasferirà a Roma. Fra gli altri intervenuti Gianni Letta, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Roberto Formigoni, presidente della Regione Lombardia, Letizia Moratti, sindaco di Milano, e Alberto Meomartini, presidente di Assolombarda. Oltre alle immagini storiche, riflettori puntati anche sulla contemporaneità: la mostra, organizzata da Confindustria in collaborazione con la Triennale di Milano e l'assessorato alle Politiche culturali di Roma, dà spazio anche alle immagini di dodici grandi fotografi di oggi che hanno saputo unire i loro scatti in una vera e propria narrazione a più voci: Olivo Barbieri, Gabriele Basilico, Gianni Bergamo Gardin, Luca Campigotto, Lorenzo Castore, Giorgia Fiorio, Simona Ghizzoni, Mario Guerra, Mimmo Jodice, Davide Monteleone, Fernando Scianna, Massimo Vitali raccontano, attraverso lavori inediti, un'Italia che cambia, ma che non ha perso il gusto di riflettere su se stessa. Motivo conduttore: lo sviluppo, inteso in tutte le sue accezioni, dall'economia alla società, dai costumi alle relazioni fra persone, dalla cultura alla produzione, dai luoghi ai comportamenti.
«Cento anni sono un compleanno importante», ha ricordato Emma Marcegaglia, che ha affidato allo storico Valerio Castronovo la redazione di un libro sulla storia di Confindustria. «In questi 100 anni Confindustria è stata un punto di riferimento e un'ulteriore garanzia di democrazia e libertà, protagonista coraggiosa nei momenti difficili e controversi, nei periodi di tensione sociale, quando la classe imprenditoriale è stata chiamata a una grande assunzione di responsabilità». E per l'occasione, anche le Poste Italiane e la Zecca hanno voluto dare il loro contributo, emettendo rispettivamente un francobollo celebrativo in 4 milioni di copie, e una moneta commemorativa in argento con un profilo di donna e l'aquila di Confindustria.

Non solo una mostra, insomma, ma un ricco programma di eventi che vuole essere insieme memoria e proposta, occasione per ricordare e per pensare al futuro, anche in un momento, come quello attuale, non certo facile per l'imprenditoria italiana (e non solo). Nota di colore: tutti i vertici dell'organizzazione, oltre al sindaco Moratti, sono arrivati a bordo di auto d'epoca, simboli senza tempo di quella che Luigi Einaudi battezzò «l'Italia che lavora e produce».

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