Cultura e Spettacoli

1976: «SANDOKAN» RECORD DI ASCOLTI

Se Mastro Don Gesualdo, girato tutto con la cinepresa, era stato un'eccezione negli anni Sessanta, gli sceneggiati filmati diventarono nel decennio successivo più numerosi. Erano programmi di grandi ambizioni e di alti costi, destinati non solo ai nostri telespettatori ma anche a quelli delle Tv di molti altri paesi, non solo europei. Mosè di Gianfranco De Bosio, Le avventure di Pinocchio di Luigi Comencini, Gesù di Nazareth di Franco Zeffirelli furono esemplari di questa strada internazionale, intrapresa con grande successo. Il campione di audience del 1976 fu proprio uno sceneggiato di questo genere, Sandokan, come nel 1977, con la stessa, stupefacente media di 27 milioni di telespettatori, lo fu Gesù di Nazareth. Sandokan non aveva la resa formale, la forza narrativa e la qualità interpretativa del Gesù, ma, in compenso, aveva alle spalle la splendida macchina narrativa del ciclo dei pirati di Emilio Salgari. Centrati sul personaggio affascinante di Sandokan, i nove romanzi di Salgari contenevano tutti gli elementi cari al pubblico degli sceneggiati: il senso dell'onore, l'amore, l'amicizia come valore insostituibile, la protezione dei deboli e la lotta contro gli usurpatori. Tutti sentimenti calati da Salgari in una Malesia e in un'India che egli non aveva mai visto, ma che aveva inventato con la sua formidabile immaginazione. Raccontare in Tv le vicende di Sandokan, dei suoi amici Yanez e Tremal Naik, della loro lotta contro l'infido Lord Brooke e dell'amore di Sandokan per la Perla di Labuan, significava soprattutto restituire agli italiani il gusto perduto dell'avventura e dell'eroismo. Il regista Sergio Sollima, solido professionista ma non certo dotato del talento di Zeffirelli e di Comencini, puntò così sull'esotismo e su un ritmo narrativo molto sostenuto. Girò in paesaggi da sogno della Malesia, della Thailandia e dell'India, restituiti dalla fotografia con colori intensi e sempre suggestivi. Tuttavia accentuò la polemica contro il colonialismo inglese, dandole accenti terzomondisti, allora d'attualità. Questo ideologismo di fondo, estraneo naturalmente a Emilio Salgari, non gli impedì, però, nelle sei puntate, di rappresentare con grande vivacità e sostanziale fedeltà le suggestioni di quel mondo e di quelle avventure. Lo aiutò molto la scelta degli interpreti e soprattutto dell'attore indiano Kabir Bedy, un Sandokan ideale con il suo fascino esotico e la sua umanità. Philippe Leroy fu uno Yanez di straordinaria simpatia, Carole André una Perla di Labuan di grande bellezza e Adolfo Celi un Lord Brooke di perfidia e crudeltà inarrivabili.

Furono vari i tentativi di ripetere il successo con lo stesso personaggio e con lo stesso protagonista, ma nessuno di essi è riuscito a raggiungere, neppure alla lontana, il successo di questo primo Sandokan.

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