Joseph Blatter viene rieletto a Zurigo mentre Beppe Signori sta uscendo dalla questura di Bologna. Hanno lo stesso sorriso incredibile, sono le facce del primo giugno 2011, il giorno che sconvolse il pallone. Non il primo, non l’ultimo, forse neanche il peggiore, però un giorno bestiale perché mette insieme tre storie lontane che si avvicinano, unisce il globale e il locale, l’alto e il basso, i mondiali e la serie C, i campioni e le mezze calzette, le grandi strategie del pallone del futuro e il piccolo cabotaggio del calcio minore del presente. Tutt’uno in 24 ore allucinanti che cominciano intorno alle 18 di martedì con le richieste dei Pm di Napoli per il processo penale di Calciopoli: 5 anni e 8 mesi a Luciano Moggi e poi giù a scendere per tutti per tutti gli altri protagonisti dello scandalo del 2006. Richieste pesanti, smisurate, in un paese in cui spesso gli omicidi prendono anche meno. Ma quella, per tutti, per troppi,è l’inchiesta delle inchieste, la certificazione del pallone marcio. Evidentemente ci vogliono sentenze da tribunale del popolo più che da corte di giustizia: bisogna punire perché gli altri capiscano, bisogna educare, bisogna mostrare forza.
Non ha capito nessuno, allora. Perché alle otto di ieri mattina la polizia è entrata a casa di 16 giocatori con 610 pagine di ordinanza sulla nuova inchiesta del calcio malato. Scommesse, maledette scommesse; soldi, maledetti soldi; inciuci, maledetti inciuci. Un caos, l’ennesimo. Una botta alla fiducia della gente, alle certezze dei tifosi: partite aggiustate, risultati addomesticati, gol regalati. Le intercettazioni parlano di un linguaggio volgare e da criminalità: minacce a chi non si adegua. È roba di basso livello, sfide di serie C, di serie B, qualcosa di A. Però c’è Beppe Signori: l’ex campione della Lazio, uno conosciuto, amato, pagato. Uno per cui una volta scese in piazza mezza Roma: «Chi vende Signori non merita il nostro tifo». Sergio Cragnotti rinunciò a 25 miliardi di lire e Signori restò.
Ieri sono andati a prenderlo a casa, Beppe. E lì l’hanno lasciato agli arresti domiciliari. Ha risposto al telefono a un giornalista dell’Ansa: «Ma non avete pietà in questa situazione? Abbiate pietà». Risuoneranno spesso le sue parole in questa giornata. Fanno male. Pietà? Per chi? Per che cosa? In quelle pagine c’è lastoria di un uomo che ha tradito se stesso oltre che la gente. Ricordi i suoi gol e pure i suoi errori, adesso. Non puoi non chiedertelo: era vero allora? Una giornata così lascia poche certezze. A Bologna, a Cremona, a Benevento, a Bergamo, in tutte le città coinvolte nell’ennesimo capitolo del calcioscommesse all’italiana. Ne lascia poche anche il gioco di rimbalzi con la terza storia che unisce il filo di una giornata da pazzi: la rielezione di Joseph Blatter a presidente della Fifa. Numero uno senza avversari, numero uno nonostante le accuse di corruzione che lo inseguono da anni e che adesso si sono fatte pesanti. Blatter riceve il via libera al suo nuovo mandato in un appuntamento farsa, dove non ci sono concorrenti, ma c’è ugualmente un vincitore. Poi si presenta ai microfoni e parla: «Rimetteremo la nave della Fifa sulla giusta rotta ». La frase più fatta e falsa del mondo arriva attraverso i tg sportivi che stanno raccontando i dettagli dell’inchiesta scommesse. Perché si potrà allargare, perché possono cambiare le classifiche e i destini di alcune squadre e con loro quelli dei tifosi.
Che calcio è questo? Calciopoli avrebbe dovuto essere il punto di non ritorno. Il pallone pulito, dicevano. Sembra, invece, che rotoli nel fango come prima. Forse di più. I calciatori che si vendono, gli ex giocatori che si trasformano in allibratori senza scrupoli, il mondo del pallone minore che si muove lontano, in un cono d’ombra che avvolge partite e classifiche. Perché? È questa la domanda. È la base di tutte le altre: perché lo fanno? Perché ci tradiscono? Perché non si rendono conto che ci tolgono le nostre passioni? I calciatori che smazzano le carte delle scommesse dimostrano che sono incapaci di essere uomini: i soldi, dicono. Hanno fame di ricchezza nonostante i privilegi. Hanno bisogno di sostenere uno stile di vita che era quello dei loro sogni: s’immaginavano campioni e si sono trovati nel sottobosco del calcio.
Il ragionamento funziona per alcuni, ma non per altri. Non per Signori, per esempio. Per lui c’è altro: la condanna all’avidità del fortunato che vede il guadagno facile e lo vuole ancora più facile. Sarà vero e sarà così, ma non spiega tutto. Non ancora.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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