Cronache

«Il 30 giugno come il G8, un diritto devastare»

Riccardo Re

Emanuele Rimando e Luigi Colonna, loro no, don Andrea Gallo e la quasi senatrice Heidi Giuliani non li hanno proprio ricordati. Eppure stavano festeggiando la ricorrenza di quel famoso 30 giugno, quando Genova divenne teatro dei primi tumulti che diedero il «la» alle sanguinose rivolte di quel tragico luglio del 1960.
«Che viva, il 30 giugno, festa cittadina» scrivono i ragazzi per salutare la duegiorni di manifestazioni, da venerdì a ieri, nel circolo arci di via Mura degli angeli. Lì si è detto «viva il 30 giugno», e pazienza se quel giorno Genova fu messa a ferro e fuoco, se gli scontri furono violenti e incivili con alcuni agenti malmenati nella fontana di De Ferrari, se all’agente Rimando una sassata spaccò la mascella e se un portuale squarciò con un gancio la bocca dell’agente Colonna. Di questo, al dibattito «Chi ha paura dell’antifascismo?» non si è detto.
I relatori non hanno solo festeggiato il valore storico-politico di quella rivolta, e l’aver impedito il congresso nazionale del Msi nella Genova medaglia d’oro alla Resistenza. Hanno evocato qualcosa di più. «Non vorrei che qualcuno pensasse che inneggio alla violenza - premette Paride Battini, console della Culmv -. Ma in quella giornata si è capita l’importanza della forza dei giovani e del loro senso di ribellione, che non si deve limitare alla partecipazione, al dialogo e alla militanza, ma deve aver la forza per squilibrare gli equilibri della piazza». E da qui, il salto temporale in difesa di questa forza giovanile di ogni epoca e luogo è breve. Così, la mamma di Carlo Giuliani e il prete dei diseredati tornano a difendere i ragazzi processati per i disordini del G8 così come i 25 finiti a San Vittore per aver devastato, per impedire un corteo di Forza Nuova, corso Buenos Aires a Milano l’11 marzo scorso. «Erano incensurati ma hanno preso un’imputazione per devastazione e saccheggio e gli avvocati non riescono a far niente» s’indigna don Gallo e sentenzia: «Ormai è la legislazione fascista». Fa eco Heidi Giuliani: «Quando leggiamo sui giornali che un ragazzo ha spaccato una vetrina magari non è vero, o forse può essere che spaccare una vetrina sia meno grave che spaccare una testa».

Insomma, viva il 30 giugno.

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