In 30mila per l’addio al «buon padrone»

Altro che Libia e clandestini. Dietro la minaccia di strappo della Lega c’è soprattutto l’ira di Tremonti per due fatti. Il primo: la nomina, voluta da Berlusconi, del suo nemico storico Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia, a capo della Banca centrale europea, posto di grande prestigio e soprattutto potere. Secondo: il via libera del premier alla scalata francese su Parmalat, operazione osteggiata dal nostro ministro dell’Economia che peraltro non era riuscito a mettere in piedi una alternativa italiana. Questioni personali, quindi, più che politiche, di un ministro che si sente premier e che ha grande influenza sulla Lega. Al punto da aizzarla contro Berlusconi facendo leva su due questioni, bombardamenti e clandestini, che stanno a cuore al popolo del Carroccio molto sensibile in campagna elettorale.
Le cose in realtà sono molto chiare. L’Italia non poteva uscire dalla Nato o tradire l’alleanza politica occidentale, quindi, come dice anche il presidente Napolitano, rifiutarsi di partecipare alle operazioni nei cieli libici. L’Italia ha ottenuto dalla Francia un via libera di fatto al transito dei clandestini nordafricani (anche ieri in centinaia hanno varcato il confine di Ventimiglia). Concedendo l’Opa ai francesi, il governo ha messo al sicuro i posti di lavoro Parmalat, creato ricchezza per i soci, i risparmiatori e gli operatori italiani del latte che avranno garantita la produzione.
Tutto questo a Tremonti non pare interessare. Ha perso la testa e cerca l’affondo con il tifo delle opposizioni. Un ministro dell’Economia dovrebbe lavorare per la stabilità politica che è presupposto di quella economica. Se fa l’inverso significa che ha mire diverse, magari inconfessabili. Per esempio tirare per la giacchetta Bossi, alleato decisivo del premier, per portarlo verso altri lidi. Il quale Bossi sta prendendo tempo.

Da una parte c’è l’offesa di non essere stato informato dal premier sul caso Libia (ieri si è vendicato con un titolo sulla Padania: «Berlusconi in ginocchio a Parigi», che però non è farina del suo sacco), dall’altra sa che il progetto federalista è realizzabile soltanto al fianco del Pdl. Nella Lega c’è chi getta acqua sul fuoco. Sfasciare tutto per cosa? Per vendicare Tremonti della nomina di Draghi? È un po’ poco, è difficile farlo digerire al popolo leghista. Anche in tempi di campagna elettorale.

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