«A 37 anni mi davano finito ma sono riuscito a tornare»

A volte tornano. A volte ricompaiono quando meno te l’aspetti e per taluno si resta sorpresi o addirittura si grida al miracolo. Quello di Carlo Cudicini, il quasi 37enne figlio del grande Fabio, il Ragno nero dell’epopea rossonera, è un come-back dall’inferno, un ritorno al calcio che lo considerava perso dopo il grave incidente motociclistico che il 12 novembre 2009 l’aveva visto volare sull’asfalto di Londra e riaprire gli occhi in ospedale con il bacino e i polsi fratturati. Per tutti una carriera finita. E invece ce l’ha fatta, incredibile ma ce l’ha fatta.
«Sono tornato perché volevo ritornare. Mi ha dato un grosso aiuto uno staff medico eccellente, quello del Tottenham, con il fisioterapista Diesel che non mi ha mollato un solo secondo in questi mesi di autentica sofferenza. Ma la voglia di ritornare in campo non mi ha mai abbandonato, il cammino è stato lungo, impossibile raccontare la preparazione fatta 24 ore su 24, ma là in fondo al tunnel intravedevo una luce che diventava sempre più abbagliante».
Al punto che sabato 10 luglio lei è tornato a giocare col Tottenham nell’amichevole col Bournemoth, 4-0, zero gol concessi. E domenica scorsa si è ripetuto a San Francisco, 0-0 con i californiani del San Josè. Il miracolo s’è dunque avverato?
«Non voglio chiamarlo miracolo, anche se ora sono qui a raccontarlo. Andiamoci piano. Il titolare è Gomez, io sto cercando di tornare al cento per cento per entrare in concorrenza con lui: ho ancora tanto da lavorare».
Il 6 settembre compirà 37 anni, dove vuole arrivare?
«A una certa età si vive alla giornata ed è inutile fare progetti a lunga scadenza. Ho ancora parecchi test da superare e mi fermo a questa stagione. Poi si vedrà. Però posso urlare che sono tornato e che la vita mi sorride ancora».
Chi le è stato più vicino in questi mesi durissimi?
«La famiglia innanzitutto, i miei genitori, i miei amici più cari e tanti che neppure conoscevo che mi hanno spinto a continuare».
A 20 anni ha vinto lo scudetto col Milan e ha giocato in Champions. Poi col Chelsea ha conquistato tutto. Campionato e coppe inglesi. Ha rimpianti?
«Tutti li abbiamo, chi fa sport non riesce mai ad accontentarsi. Però posso ritenermi soddisfatto».
Peccato però non aver fatto carriera nel Milan.
«In famiglia ci ha pensato mio padre. Ma, bando agli scherzi, devo solo ringraziare il Milan che per me è stato una grande palestra di vita e mi ha aiutato a crescere».
Mi scusi Cudicini junior, ma tra lei e Fabio, chi è il più bravo in famiglia?
«No, nessun confronto, epoche diverse e poi mio padre è un mito. Però la nostra è una bella storia, padre e figlio portieri con tanti successi sulle spalle».
Tornerà un giorno in Italia?
«A Londra mi sono sempre trovato bene e mi piace viverci. Il calcio inglese mi ha aiutato e dato molto, è il massimo, il campionato più bello. Con tanti campioni, la gente che si diverte, lo stadio pieno di famiglie, insomma una realtà ben diversa da quella italiana».
Nel Chelsea con allenatori Vialli e Ranieri lei era titolare. Poi è arrivato Mourinho e l’ha confinata in panchina. Avrebbe qualcosa da dire all’ex tecnico interista.
«No, niente di negativo. Con lui ho fatto tre belle stagioni».


Ma è davvero meritato il soprannome di Special One?
«Certo, Mourinho è davvero speciale, vince, motiva i giocatori e l’ambiente ma, soprattutto, si fa amare dai giocatori, anche da quelli che stanno fuori».
Non raccontiamolo a Balotelli allora…
«(ride) Peggio per lui. È forse l’unico che non si è inteso con Mou».
Good luck mister Cudicini.
«Thank you, I need it» (Grazie, ne ho bisogno).

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