Tutti lo cercano tutti lo vogliono, è un bluesman di qualità. B.B. King, granitico re della chitarra, ha provato a ritirarsi; nel 2006 ha girato il mondo per il tour daddio e pochi giorni dopo sè ributtato nella mischia con concerti, dischi, addirittura telefilm. Ora che sta per compiere 85 anni torna in Italia a far luccicare le corde della sua Gibson con quegli assolo stilizzati che tutti cercano di imitare (debutto agli Arcimboldi di Milano il 9 giugno, dove verrà registrato il dvd Live in Milan, poi l11 a Caserta, il 12 a Molfetta e il 13 allAuditorium di Roma) e prepara un album con gli U2.
Non racconti più bugie, lei non si ritirerà mai.
«Dopo ogni spettacolo sono molto stanco, ho il diabete e un po di acciacchi ma corro in albergo a dormire e il giorno dopo sono nuovo. Non permetto che gli spiriti cattivi mi portino via il blues e la gioia di vivere. Lunico lusso che mi concedo è di suonare da seduto, ma la chitarra è sempre appoggiata sul cuore. E poi non guido più laereo, che è una delle mie grandi passioni».
E adesso lhanno chiamata gli U2 per il loro nuovo album.
«Sì, io e Bono ci conosciamo da molto tempo e fu lui a propormi la prima collaborazione. Scrisse When Love Comes to Town e disse che era il brano ideale per un duetto. Un pezzo che mi ha conquistato perché parla di Gesù in croce, ed è diventato un classico. Un mese fa Bono mi ha telefonato e mi ha chiesto di suonare nel nuovo cd degli U2; sarò presente in molti brani e dopo tanto tempo ci sarà anche un duetto. Ci vedremo in sala dincisione a fine estate, non vedo lora».
Il maestro e gli allievi...
«Cè un tempo per tutti; io ha cominciato a incidere nel 49 e posso definirmi un maestro ma la musica va avanti e gli U2, Clapton - che incontrai nei primi anni 60 a New York ed era molto in soggezione davanti a me - i Rolling Stones sono il presente. Sono fiero che tutti loro abbiano imparato da me».
E tra i giovani chi le piace?
«A casa a Las Vegas ascolto molta musica ma amico mio allorizzonte non vedo nulla di buono. Mi ha colpito Amy Winehouse, veramente brava nel riprendere il suono anni 50 di Fats Domino. La prima volta che lho sentita pensavo fosse una nera».
I suoi maestri suonavano la chitarra acustica.
«Anchio. In Mississippi se non avessi cantato in chiesa non sarei sopravvissuto. Di giorno guidavo il trattore, di sera suonavo una chitarra da 15 dollari agli angoli delle strade cercando di guadagnare qualche centesimo. Ma nessuno mi dava nulla ed ero così triste che cominciai a suonare il blues. Come esempio avevo mio cugino Bukka White e Robert Johnson, il più grande di tutti».
E come divenne il re della chitarra elettrica.
«In parte sono stato folgorato da T. Bone Walker, in parte volevo che i miei canti di gioia o disperazione dessero una specie di scossa, e la scelta mi ha premiato. Non esisterebbe una sola nota rock senza blues».
Che cosa conosce dellItalia uno come lei?
«Molto poco. Ricordo lemozione di accompagnare Pavarotti, e la serata in Vaticano in onore di Papa Wojtyla: ci abbracciammo e gli regalai la mia chitarra, non lo dimenticherò mai».
Gli ha regalato la sua leggendaria Lucille?
«Lucille, la chitarra che chiamai così dopo averla salvata da un incendio a rischio della vita, me lhanno rubata, ma ora ho le sue figlie che amo come loriginale».
Il papa, il gospel, lei crede in Dio?
«Sì, Dio è il destino e io gli lascio in mano il mio futuro, ringraziandolo per avermi portato fuori dal fango del Mississippi per conquistare il mondo raccontando il blues con la mia chitarra».
Centinaia di concerti allanno per una vita, non sè stancato? «Il palco mi emoziona ancora perché è il vero banco di prova. I fan giudicano e non perdonano, per questo ce la metto tutta e finché mi applaudono non mi ritiro. Magari lo annuncio ma ho fatto mio il motto di James Bond in 007: mai dire mai».
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