Roma

«Abbiamo imposto il made in Lazio sulle tavole del mondo»

Andrea Cuomo

«Oggi il made in Lazio comincia a essere associato a produzioni di qualità». È l’orgoglio numero uno di Andrea Urbani, il manager che ieri ha annunciato le dimissioni dalla presidenza dell’Arsial, l’agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio. Un incarico ricoperto per quattro anni, nel corso dei quali l’agroalimentare laziale ha fatto un vero salto di qualità. «Sicuramente oggi abbiamo un brand Lazio che comincia a bucare, abbiamo aiutato la qualità a diffondersi. In quattro anni abbiamo bruciato le tappe recuperando il gap nei confronti di regioni vicine e più affermate, soprattutto nel comparto vitivinicolo, le cui imprese vitivinicola hanno visto quadruplicare le vendite sul mercato interno, e hanno visto aumentare del 12 per cento il fatturato in controtendenza nei confronti del resto dell’Italia».
Urbani, cominciamo dalla fine. Perché queste dimissioni?
«Sono un gesto di correttezza istituzionale. In seguito ai risultati elettorali che hanno sancito la nascita della nuova giunta regionale, ho deciso di rimettere il mio mandato per consentire alla nuova amministrazione di realizzare il programma elettorale con uomini di propria fiducia».
Qual è il suo bilancio di questi quattro anni?
«In questa emozionante esperienza ho avuto la possibilità di conoscere un tessuto straordinario di imprese, condotte da uomini capaci e appassionati. Insieme abbiamo realizzato importanti iniziative per favorire la crescita dell'agricoltura laziale e lo sviluppo economico delle sue aziende. Oggi le varie realtà dell’agricoltura del Lazio hanno raggiunto una notorietà e un apprezzamento impensabili fino a pochi anni fa. Si tratta di risultati che vanno attribuiti a imprenditori che con entusiasmo e professionalità hanno dato fiducia anche a un ente come l’Arsial che con passione e con tanto, tanto lavoro ha cercato di rendersi utile».
Il Lazio ora va di moda sulle tavole di tutta Italia. Quali i motivi di questo boom?
«I territori del Lazio offrono una grande ricchezza di prodotti tipici e hanno uno straordinario patrimonio artistico e naturalistico. L’Arsial ha lavorato affinché crescesse la conoscenza di queste ricchezze presso i consumatori e allo stesso tempo aumentasse la determinazione degli imprenditori verso una produzione di crescente qualità e tipicità. Credo che la direzione presa dall’agricoltura del Lazio sia quella giusta e che un significativo pezzo di strada sia stato fatto».
Da quello che dice sembra chiaro che il settore che le ha dato più soddisfazione è quello del vino...
«Eravamo consci che in una legislatura non puoi fare tutto. Così abbiamo deciso di puntare forte sul settore del vino, sul quale c’era molto da fare».
Però solo negli ultimi due anni del suo mandato il Lazio è sembrato raccogliere i frutti di tutto questo lavoro...
«Siamo come una petroliera, ci vuole del tempo per prendere velocità. Abbiamo passato sei mesi a studiare numeri, statistiche, tendenze di mercato senza proclami dopo di che abbiamo impostato una strategia pluriennale».
Che cosa vuol dire a chi prenderà il suo posto?
«Di continuare così. Gli consegniamo un’agenzia sana, ristrutturata, con obiettivi e strategie già impostate. Il consiglio che do è quello di valutare attentamente il lavoro della precedente amministrazione, senza pregiudizi di parte».
Sembra dispiaciuto. È vero?
«Certo, mi sono appassionato a questo mondo. L’Arsial la sento un po’ come una mia creatura e mi dispiace davvero abbandonarla. Ma ci tengo a dire una cosa».
Prego.
«Vedo in giro molti comportamenti ambigui da parte di gente priva di coerenza e riconoscenza. Io voglio esprimente chiaramente riconoscenza verso Francesco Storace, che è stato un ottimo presidente di regione, che ha perso solo per un voto di opinione estraneo alla competizione elettorale sul programma elettorale.

E riconoscenza verso l’ex assessore regionale all’Agricoltura Antonello Iannarilli che mi ha voluto a capo di un ente di grande importanza come l’Arsial».

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