Controcultura

"Abbiamo indagato la violenza secolare che è alla base della natura umana"

Omicidi, processi senza prove e torture hanno segnato la nostra storia. Spiega il criminologo: "Siamo molto più pacifici dei nostri antenati"

"Abbiamo indagato la violenza secolare che è alla base della natura umana"

Massimo Picozzi è uno dei criminologi più noti d'Italia, è inoltre docente di Comunicazione in situazioni critiche al Corso negoziatori Ostaggi dell'Istituto superiore di tecniche investigative dell'Arma dei Carabinieri. Assieme a Carlo Lucarelli sta dando vita a una quadrilogia della storia dell'omicidio che copre tutto l'arco della storia umana. La settimana entrante arriva in libreria il secondo volume, intitolato Nero come l'anima (Solferino). Abbiamo parlato con lui per capire perché la violenza è una costante nella storia umana.

Professor Picozzi: perché raccontare la storia umana dal punto di vista dell'omicidio?

«Perché una storia con questa prospettiva non è mai stata realizzata. Ecco perché siamo partiti dall'età contemporanea con Nero come il sangue e ora siamo al secondo capitolo che racconta l'età moderna. Attraverso crimini particolari, bizzarri, famosi raccontiamo la società e anche l'evoluzione del sistema di indagine».

L'omicidio cambia nel tempo?

«Cambiano parzialmente i mezzi, però sui moventi c'è una grande continuità. La passione, il denaro, il potere, che fanno da detonatore alla violenza, sono sempre simili. Anche il sadismo degli assassini seriali è sempre esistito. In particolare in questo volume raccontiamo la crudeltà della contessa Bathory che è stata una serial killer efferatissima».

C'è anche molto veleno nel libro...

«Beh c'è la vicenda seicentesca di Giulia Tofana che ha segnato l'immaginario collettivo. La sua storia è molto particolare. Era una prostituta figlia di una prostituta... Per avere successo nella professione bisognava conoscere molto bene l'arte del trucco. E le sostanze utilizzate erano quasi sempre velenose, bastava cambiare i dosaggi. Tanto per dire la Belladonna veniva usata per dilatare le pupille e rendere gli occhi languidi per i clienti ma è anche un potente veleno. La Tofana ha iniziato a fornire un veleno insapore e incolore a donne che volevano liberarsi del coniuge. Ancora oggi non conosciamo la formula utilizzata, ma alla fine il veleno venne diffuso in moltissime città. Quando venne scoperta, catturata e torturata, confessò centinaia di omicidi. Ma quando c'è di mezzo la tortura non si può mai essere sicuri dell'entità dei crimini».

Ecco, il libro è anche una storia dei metodi di indagine...

«C'è una violenza criminale ma c'è stata anche una violenza della giustizia. A lungo gli investigatori dovevano lavorare o sulla logica o sul capro espiatorio e sulla tortura nei casi peggiori. La tortura era avallata dai codici. Lo sviluppo di un'indagine scientifica è stato lentissimo. Però nel libro abbiamo anche raccontato di Eugène-François Vidocq che agli inizi dell'Ottocento con la Sûreté ha dato vita ad un abbozzo di polizia moderna».

Nel libro una serie di vicende come quella di Caravaggio e Benvenuto Cellini ci mostrano un mondo dove la violenza è diffusissima e permea anche ambienti colti.

«Tutti gli indicatori ci dicono che la nostra epoca, quasi ovunque, è meno violenta del passato. Merisi ma anche Cellini prima di uscire si peritavano di avere spada e pugnale... Christopher Marlowe venne ucciso e si liquida tutto come una rissa da taverna ma in realtà era una spia. Queste vicende ci raccontano un mondo diversissimo dal nostro. Il passaggio alla violenza era normale, non c'era freno tra offesa e reazione armata. Caravaggio docet».

Un presente più tranquillo del passato, quindi?

«Sì certamente. Anche per questo la violenza del passato ci intriga, ci consente di vedere il nostro lato oscuro proiettandolo all'esterno ma in modo rassicurante. Poi si chiude il libro. Come spiegava Pinker nel suo Il declino della violenza non abbiamo mai vissuto in un'epoca così pacifica. Però questo grandissimo risultato è etico, siamo migliori dei nostri progenitori. Sopravvivono quasi solo omicidi d'impeto e diminuiti anche quelli. Una preoccupazione però ce l'ho: vediamo continuamente aumentare la rabbia e la conflittualità, soprattutto in rete. Sul lungo periodo un serbatoio di arrabbiati potrebbe diventare un serbatoio di violenti...

La buona comunicazione può spegnere ogni forma aggressiva».

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