Due nomi illustri del mondo italiano delle costruzioni - Salini e Todini - uniscono il loro futuro con unoperazione finanziaria che crea il terzo gruppo italiano di grandi opere. Tecnicamente si tratta di unacquisizione: Salini Costruttori compra il 60% di Todini Costruzioni, ma la volontà espressa dalle due parti è quella di unintegrazione nella quale tutti i soggetti continueranno a collaborare. Da una parte cè Pietro Salini, amministratore delegato di un gruppo fondato 70 anni fa, che ha acquisito unimportante esperienza soprattutto nel settore delle dighe e delle grandi opere idrauliche e idroelettriche. Circa l85% dei suoi lavori è svolto allestero, in gran parte in Africa; il giro daffari è di circa 740 milioni.
Dallaltra cè Luisa Todini, azionista al 100% della Todini finanziaria, holding con interessi anche nellimmobiliare, nel farmaceutico, nelle assicurazioni e nellambiente. La Todini Costruzioni, i cui lavori si concentrano più sulle infrastrutture di trasporto - autostrade, ponti, gallerie - fattura intorno ai 500 milioni di euro, di cui quasi la metà in Italia. Insieme, sono presenti in oltre 40 Paesi e si integrano armonicamente, senza doppioni. Il profilo finanziario delle due società è diverso, perché la maggiore presenza sul mercato italiano espone Todini a una controparte come la Pubblica amministrazione, che è notoriamente un pessimo pagatore; mentre la prassi dei lavori allestero è quella delle anticipazioni.
Il gruppo che nasce (ma che mantiene, almeno per ora, lautonomia delle due società) avrà oltre 1,2 miliardi di fatturato, 8 miliardi di portafoglio ordini, 17mila addetti, e diventa - scavalcando Condotte - il terzo soggetto italiano dopo Impregilo (2,6 miliardi) e Astaldi (1,5 miliardi), entrambe quotate in Borsa. Qui si innesta il discorso sulle dimensioni. Avere dimensioni superiori, fare massa critica, significa poter affrontare con più tranquillità il rischio di operare in Paesi spesso «difficili», poter avere miglior accesso al credito, poter spesare con più facilità la partecipazione a gare internazionali: «La sola offerta per la metropolitana di Copenaghen, per esempio, impegna 5-6 milioni, senza diritto a rimborsi. Una gara come quella del ponte sullo Stretto è da decine di milioni» spiega Pietro Salini. Il quale fa un esempio anche per il rischio-Paese: «Unazienda che fosse stata impegnata prevalentemente in Irak, allo scoppio della guerra avrebbe chiuso. Anche la diversificazione di settore aiuta il bilanciamento dei rischi».
I competitor stranieri restano, comunque, molto più grandi di quelli italiani. Primo gruppo al mondo, secondo la classifica della rivista Usa Engeenering news-record, è la tedesca Hochtief, con un giro daffari di 26 miliardi; seconda è la francese Vinci, 18 miliardi, terza laustriaca Strabag, 15,9. Impregilo è solo 38ª, la prima statunitense è undicesima.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.