Abbiati (Snag): «Non siamo una casta»

A volte ritornano le proposte del governo di liberalizzare il mercato delle edicole. Come se liberalizzare i settori fosse la panacea di tutti i mali. Dal 2006 a oggi hanno provato almeno quattro volte e, ora, tramite la manovra finanziaria n. 138 del 13 agosto 2011.
Armando Abbiati, presidente dello Snag, il Sindacato nazionale autonomo giornalai che raccoglie più iscritti nel settore degli edicolanti, ti guarda «sconcertato» da milanese pragmatico come a dire: «Ci risiamo!».
Scusi, con la libera concorrenza, magari l'edicolante riesce a vendere più copie di giornali...
«No, guardi, ci sono cose che gli edicolanti sanno bene e che il pubblico che compra il giornale invece non sa. La quantità e le testate che sono distribuite alle edicole vengono decise dagli editori. Noi non possiamo scegliere né il distributore, né le pubblicazioni, e nemmeno il numero di copie. Anche il prezzo delle rivista è imposto e non può subire variazioni. Il che significa avere un reddito condizionato, che tra l'altro non giustifica certo le quattordici ore di lavoro giornaliere cui sono sottoposti gli edicolanti, festivi compresi. In ogni caso se il numero di copie di giornali da distribuire alle 33mila edicole italiane rimanesse lo stesso ci troveremmo, con la liberalizzazione, con migliaia di potenziali punti vendita in più senza avere, però, i prodotti a disposizione da vendere».
Vuol dire che uno potrà chiedere di vendere quotidiani e periodici senza che poi gli arrivino?
«Esatto. I punti vendita si aprono a seconda della richiesta del mercato. Ma se il mercato non c'è, o è in sofferenza come il nostro, è inutile liberalizzare. Chiedo quindi ai politici: “Ha senso farlo senza modificare l'attuale sistema?”. Liberalizzare vuol dire, infatti, liberi di vendere (editori) e di acquistare (edicolanti), ma gli addetti ai lavori sanno che le cose non stanno così».
Ma se un giornale va esaurito, l'edicolante può chiedere più copie, o no?
«Teoricamente sì, ma gli editori il più delle volte non le mandano. Sono loro, infatti, che decidono quante copie inviare all'edicola del centro di Milano o a quella di periferia».
È la legge del commercio...
«Non è vero. Questo non è commercio. La vendita di giornali è un servizio di pubblica utilità e deve essere assicurata anche in località economicamente disagiate. Tra l'altro, per legge, gli edicolanti devono garantire parità di trattamento a tutte le testate».
Qualcuno dice che siete una casta e che riuscirete a impedire la liberalizzazione con un decreto ad hoc.
«Una casta ha diritti e privilegi, le sembra il nostro caso?».
Ma in Italia c'è già stata una sperimentazione che ha allargato la possibilità di vendere giornali anche a tabaccai, benzinai e bar.
«Sì, certo. Alcune migliaia di punti vendita hanno chiesto di vendere giornali».


E come è andata?
«Il 95% di loro ha poi rinunciato per le difficoltà, l'impegno e i risicati margini di guadagno. Solo la grande distribuzione ha continuato a vendere, utilizzando i giornali come civetta. Ma intanto le edicole attuali vendono il 29% in meno!».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica