
Era il 10 aprile 1994 quando Antonella Di Veroli, una commercialista di 47 anni, venne uccisa nella sua abitazione di via Oliva 8, nel quartiere Talenti a Roma. Il cadavere fu rinvenuto sul ripiano di un armadio in camera da letto - le ante del mobile erano state sigillate con il mastice per parquet - dopo due giorni. L’assassino non è mai stato identificato, consegnando alla storia l'ennesimo cold case.
Lo scorso luglio, è trapelata l’indiscrezione secondo cui la procura di Roma avrebbe deciso di riaprire le indagini, partendo dall'analisi scientifica di alcuni reperti - un’ogiva e un’impronta - individuati sulla scena del crimine. L’obiettivo degli inquirenti è quello di dare un nome e un volto al responsabile dell'omicidio, affinché la vittima possa ricevere giustizia. "Non escludo l’ipotesi di un 'terzo uomo'. Basterebbe rileggere i verbali dell'epoca per capire chi è stato", dichiara a Il Giornale lo scrittore e giornalista Mauro Valentini, che ha realizzato un libro inchiesta sul caso Di Veroli ("40 passi", il titolo, edito da Armando Editore).
Mauro Valentini, ci sono conferme ufficiali in merito alla riapertura delle indagini?
"Ad oggi non mi risulta che siano pervenute comunicazioni ufficiali all'avvocato della famiglia Di Veroli, ma l’indiscrezione arriva da fonti certe. Sono convinto che la procura stia lavorando già da qualche tempo".
Secondo lei, quale potrebbe essere stato l’input?
"Penso che tutto sia nato da una serie di verbali agli atti del fascicolo della prima indagine. Mi riferisco ad alcune sit (sommarie informazioni testimoniali) che oggi non sono ritenute più attendibili come lo erano state all’epoca. E poi, stando a quanto è trapelato nei giorni scorsi, all’attenzione degli investigatori vi sarebbero anche alcuni elementi repertati sulla scena del crimine".
Si è parlato di un'impronta, mai attribuita, che l’aggressore potrebbe aver lasciato sull’anta dell'armadio in cui venne trovato il corpo senza vita della vittima.
"Sì, ma non credo sarà un’impronta, almeno non quella, a risolvere il caso. L'anta dell'armadio non c'è più, perché è andata persa. All'epoca ci furono una serie di lacune investigative che hanno ostacolato la risoluzione del caso nell'immediatezza del delitto".
A cosa si riferisce?
"Antonella venne trovata con la testa infilata in due sacchetti della spesa. Al momento del ritrovamento del cadavere, quei sacchetti furono rimossi, poi sparirono. E quei reperti sarebbero stati utilissimi per stanare l’assassino".
Pensa che qualcuno li abbia fatti sparire intenzionalmente?
"Secondo me è stata negligenza. Però, come per ogni omicidio irrisolto, c'è sempre il sospetto di qualcuno che abbia agito per favorire qualcun altro".
Una risposta enigmatica…
"Intendo dire che il ritrovamento di Antonella è avvenuto davanti agli occhi di molte persone. Quindi se qualcuno avesse voluto far sparire qualcosa da quella casa avrebbe potuto farlo agevolmente. Ripeto: forse qualcuno che ha agito per favorire qualcun altro".
Pensa che l’aggressore abbia avuto un complice?
"Io credo che ci sia stato qualcuno che ha sparato e ucciso Antonella e qualcun altro che ha aiutato l’aggressore"
"Aiutato" in che senso?
"Tra l’omicidio e il ritrovamento del corpo accaddero cose troppo strane per non sollevare qualche dubbio. Ci fu un viavai continuo dall'appartamento, ancor prima che fosse individuato il cadavere nell'armadio. Una circostanza sospetta al punto tale da poter ipotizzare che l'aggressore o l'eventuale complice possano aver contaminato volutamente la scena del crimine per avere un alibi".
Il movente resta un altro grande enigma di questo delitto. Lei che idea si è fatto?
“Dalla dinamica dell'aggressione, dal fatto che l’assassino abbia nascosto il cadavere per ritardare il ritrovamento e sistemato la casa, ho la sensazione che sia stato un omicidio di vicinanza, perpetrato cioè da chi conosceva molto bene Antonella e le sue abitudini. Del resto se lei era in pigiama quando ha aperto la porta all’assassino, peraltro alle 11 di sera di una domenica qualunque. Vuol dire che si fidava quell'uomo”.
Dunque esclude che possa essere stata una donna?
"Per l’azione molto violenta e le modalità di occultamento del cadavere, sono quasi certo che sia stato un uomo. Inoltre sul corpo di Antonella non furono trovati né segni di violenza né di lotta. Ciò significa che l’aggressore riuscì a sopraffarla fisicamente, senza particolare difficoltà".
A parer suo, si tratta di un omicidio premeditato?
"Sì, perché l’assassino si recò a casa di Antonella armato di pistola. Tuttavia non bisogna cadere nell'equivoco di pensare a un killer professionista, anche se aveva dimestichezza con le armi".
Cosa glielo fa pensare?
"Basta pensare che mise un cuscino tra la pistola e la testa di Antonella per evitare che si sentisse l’eco degli spari. Ad ogni modo, i colpi ferirono la vittima ma non la uccisero. Questo è indicativo del fatto che, seppur capace di maneggiare una pistola, l’assassino non era uno avvezzo al crimine".
Durante le indagini si scoprì che, pochi mesi prima del delitto, Antonella aveva acquistato una cintura e un portafoglio da uomo di pelletteria pregiata. All’interno degli accessori fece incidere un iniziale: "E.". Ritiene plausibile l’ipotesi secondo cui la vittima potrebbe aver avuto una relazione con un uomo che non è mai stato identificato?
"Potrebbe essere quello che da sempre viene indicato come 'il terzo uomo' oppure qualche amico di Antonella il cui nome iniziava per la lettera E. Secondo me, bisognava investigare più approfonditamente su questo dettaglio".
Quante possibilità ci sono oggi, a 31 anni dal delitto, avendo a disposizione anche nuove tecniche di investigazione, di risolvere il caso?
"Ripongo più fiducia nell’investigazione classica che nella prova scientifica. A parer mio, rileggendo le carte dell'inchiesta, gli investigatori potrebbero trovare numerose e interessanti incongruenze nelle dichiarazioni rese agli inquirenti all’epoca dai protagonisti della vicenda".
Mi sembra di capire che lei abbia un'idea ben precisa.
"Io penso di sapere chi è stato. E credo ci siano gli elementi per mettere l’aggressore spalle al muro".