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Abete gioca all'attacco: "Non me ne vado per il ct"

Il presidente federale: "Sulla scelta di richiamare il tecnico campione del mondo sulla panchina della nazionale erano tutti d'accordo". Il primo luglio verrà presentato Prandelli. "Ma conoscere il successore non ha nuociuto alla missione"

Abete gioca all'attacco: "Non me ne vado per il ct"

Alla sbarra Giancarlo Abete, presiden­te del calcio italiano. È pronto a fare il pieno delle critiche, gli insulti no, «li restituirei al mittente» la sua puntigliosa chiosa. Ancor meno a dimettersi da presidente federale, anche se 24 ore dopo la presentazione di Prandelli, nuovo ct, fissata per giovedì 1 lu­glio, ha convocato il consiglio federale, il go­verno del calcio per lanciare l’allarme sul destino futuro del movimento. Giancarlo Abete, romano, da democristiano di razza, è capace di offrire la propria testa al carnefi­ce sfilandola all’ultimo momento, con grande abilità dialettica. È come il governo Berlusconi di questi tempi: senza una vera opposizione che possa mettere a rischio il proprio mandato. Chi è in grado di organiz­zare la fronda? Beretta, il presidente della Lega di Milano? La risposta è nessuno. Nel frattempo, il suo alleato storico, Gianni Pe­trucci, presidente del Coni, è già intervenu­to per proteggerlo con una dichiarazione di aperto sostegno, personale e politico. Così il giorno dopo il disastro mondiale, Giancarlo Abete ha preso il posto di Lippi e si è dichiarato pronto a prendersi ogni re­sponsabilità, politica in particolar modo, sull’esito clamoroso della spedizione,tutte tranne una. «Non quella di aver riportato Lippi sulla panchina della Nazionale dopo gli europei del 2008. Volete rileggere con me i giudizi di tutti coloro che erano d’ac­cordo sulla scelta?» il suo quesito malizio­so. Ecco: sul punto Abete ha ragioni da ven­dere. Erano tutti d’accordo,al ritorno dalla delusione dell’europeo di Donadoni, al cambio della guardia. «Preferisco prender­mi qualche insulto di troppo piuttosto che rinnegare i miei rapporti personali» il suo coraggioso blitz dinanzi al plotone d’esecu­zione già schierato. È vero: Abete e Lippi hanno viaggiato di conserva, fidando en­trambi sulla magia di Berlino, nella speran­za che si potesse replicare. «Non è stato lasciato solo il ct,tutt’altro.E non è nemmeno vero che averne indicato il successore abbia nuociuto alla missio­ne » le convinzioni di Abete. Tutte da sotto­scrivere. Lippi ha avuto il bastone del co­mando fino all’ultimo minuto, nessuno ha pensato di sfilarsi per lanciarsi nelle brac­cia del prossimo ct. E d’altro canto anche l’arrivo di Prandelli, in anticipo sui tempi canonici, è stata una mossa razionale. Chi avrebbe trovato la federcalcio, oggi, libero sul mercato e in grado di raccogliere subito il testimone? Ciro Ferrara, Gianfranco Zo­la, Alberto Zaccheroni i pochi nomi presen­tabili. «A questo punto abbiamo solo l’obbligo di ripartire»è il tentativo di rompere l’asse­dio e di mettere al centro della discussio­ne non già il naufragio di Lippi e dei suoi senatori ma il declino del calcio italiano. «I club devono capire che questo mondia­le è un danno per la Nazionale ma è un danno per tutto il calcio italiano» la sua riflessione, accompagnata da molte altre, pertinenti a dire il vero. Con un pizzico di polemica nei confronti di Uefa e Fifa che hanno aperto alle richieste dei club modificando il tradizionale calen­dario delle partite internazionali «per far rientrare prima i calciatori nei cam­pionati » la sua nota polemica. Aggiunta al trattamento economico riservato da Blat­ter, «250 mila dollari da garantire ad Andor­ra come alla Germania» la stoccata. I pro­blemi, anzi i nodi, sono quelli di sempre. L’invasione degli stranieri, per esempio. «Nessuno può impedire a un club di schie­­rare 11 stranieri » è il suo pro-memoria cor­r­edato di statistiche sui vari campionati eu­ropei. «Si è ridotta la competitività anche delle nazionali giovanili» la sua denuncia prima di giungere al nodo degli stadi. «È una questione vitale, li abbiamo chiesti pri­ma del mondiale, li chiediamo adesso» è la sua chiusura. Campa cavallo. Forse biso­gna cominciare dalle nazionali giovanili.

Occorre un bel coordinatore, Arrigo Sac­chi aspetta.

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