C'è un problema grande come 115 volte l'Everest. Sarebbe questa l'altezza degli abiti per bambini e ragazzi che ogni anno in Italia finiscono nelle discariche se venissero impilati uno sopra l'altro. La strada verso un'industria davvero circolare sembra ancora lunga, ma ci sono progetti che vogliono dimostrare come la tecnologia possa aiutarci a ridurre la montagna di rifiuti che stiamo lasciando al pianeta. Anzi, può diventare un alleato concreto contro uno dei problemi più ingombranti del nostro tempo, i rifiuti tessili. È l'idea alla base di Il gioco della moda, la collezione in miniatura a misura di bambola nata dalla collaborazione tra Epson (che ha la sua sede italiana a Cinisello Balsamo) e la stilista Priya Ahluwalia, pioniera della moda sostenibile. Gli abiti della collezione sono realizzati partendo da scarti tessili trasformati grazie alla tecnologia Dry Fibre di Epson, che fa diventare vecchi tessuti nuove fibre senza utilizzare acqua o sostanze chimiche aggressive. In questo modo ciò che era rifiuto torna a essere risorsa, in un processo che riduce l'impatto ambientale e mostra, in formato gioco, cosa potrebbe succedere se la stessa logica venisse applicata su larga scala. Accanto alla Dry Fibre Technology, entrano in scena le stampanti tessili digitali industriali Epson Monna Lisa, capaci di ridurre fino al 97% il consumo di acqua nella fase di stampa a colori dei tessuti. È un doppio passo avanti: meno sprechi in fase di produzione e una seconda vita per i materiali esistenti.
Ogni anno in Italia quasi 102 milioni di capi di abbigliamento per bambini e ragazzi finiscono in discarica. Solo nel nostro Paese parliamo di oltre 500 milioni di capi acquistati l'anno per gli under 16 e, di questi, una parte enorme viene indossata pochissimo o addirittura mai: vengono gettati tra i rifiuti con l'etichetta ancora attaccata. A questo, si somma un cortocircuito nelle abitudini quotidiane: il 33% dei genitori ammette di liberarsi dei vestiti dei figli nel modo più rapido possibile, spesso buttandoli nella spazzatura, e oltre la metà non sa che molte di quelle fibre sono sintetiche e impiegano fino a 450 anni per degradarsi. Eppure proprio qui entra in gioco l'innovazione: se abbiamo creato il problema con la produzione di massa, possiamo provare a disinnescarlo con nuove tecnologie pensate per la circolarità. "Il gioco della moda" non è solo un esercizio creativo. È un modo per parlare a bambini, ragazzi e genitori della necessità di comprare meglio, usare di più, buttare di meno.
La moda è sempre stata, ma oggi come non mai, sarà sempre il primo biglietto da visita, ma le scelte di ciascuno, dalla t-shirt che decidiamo di non comprare al vestito che scegliamo di ri-utilizzare, possono diventare più consapevoli se esistono tecnologie in grado di cambiare la propsettiva. Insomma, a volte basta il guardaroba di una bambola per ricordarci che è possibile un altro modo di vestirsi e anche di produrre moda.