Aborto, indagine interna su obiettore

Vuole vederci chiaro il direttore generale del Niguarda Ca’ Granda Pasquale Cannatelli: «La direzione si è attivata per acquisire gli opportuni chiarimenti avviando un’indagine interna e coinvolgendo il Comitato Etico». Obiettivo: «Ottenere un parere sulla correttezza del comportamento del personale obiettore».
La vicenda al centro della bufera risale all’8 luglio scorso, quando una ragazza ucraina si è vista rifiutare un trattamento analgesico durante l’aborto terapeutico avvenuto quasi alla ventitreesima settimana. «Mi dispiace sono obiettore», le ha risposto l’anestesista, incurante delle sue sofferenze. «Non pensiate a un banale mal di pancia - precisa la dottoressa Sonia Ribera, coordinatore Cgil medici provincia di Milano - spesso le donne in questa situazione devono affrontare dolori forti come quelli del travaglio».
Il marito scandalizzato ha denunciato l’accaduto alla Camera del lavoro che si è rivolta alla direzione, riaccendendo la polemica sull’obiezione di coscienza. «Questo è un caso completamente diverso rispetto alla decisione di non prescrivere la pillola del giorno dopo - precisa la dottoressa Ribera -. Nel momento in cui una persona sceglie questa professione non può subordinare l’intervento sanitario al giudizio morale». Dalla polemica alla preoccupazione: «Si tratta di un caso gravissimo - sostiene Sebastiano Pandolfini, segretario funzione pubblica Cgil - questa è omissione di assistenza».
Per ora la denuncia formale arrivata alla direzione è soltanto una, ma sembra che recentemente si siano verificati almeno altri due casi simili nei corridoi dell’ospedale Niguarda.

«Da noi non è mai successo - rassicura Alessandra Kustermann, ginecologa alla Mangiagalli - è vero che ci sono tanti anestesisti obiettori, ma al massimo si rifiutano di addormentare le pazienti che abortiscono nel primo trimestre, nessuno però ha mai negato un aiuto a una donna».

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