Abruzzo Quasi un metro di neve

Questa volta la trappola bianca ha colpito gli aquilani all’aperto. Tutto il contrario del terremoto che aveva trasformato le case in tombe. «Qui da noi - racconta la signora Gianna Brandani - la neve ha colpito chi usciva. Bisognava mettere le catene per evitare rischi». Ma dentro, fra le mura domestiche delle new town costruite da Berlusconi e Bertolaso, l’inverno non è entrato. Ci ha provato, ma non ci è riuscito. Niente spifferi gelidi. Niente perdite su per i soffitti. E nemmeno black out, ascensori fermi o tubi dell’acqua calda saltati. «A Sassa, nel nostro insediamento, non abbiamo avuto grandi disagi. Le case hanno resistito e bene. Senza problemi». Sarebbe stato penoso e inaccettabile il contrario, ci mancherebbe, ma va detto. Il centro storico, ferito e transennato, vacilla come un malato grave colpito dalla malattia. All’emergenza terremoto, che va avanti dal 6 aprile 2009, si è sovrapposto il dramma di un inverno che è arrivato addosso alle case lesionate come uno schiaffo in faccia. I soldati bloccavano fino a ieri chi voleva avventurarsi fra le rovine e i fantasmi di un centro storico che non c’è più: «È troppo forte il pericolo di crolli», ripetevano i soldati.
L’Aquila, quella antica e bellissima, si scuote sotto le intemperie. La nuova città, quella che non piace agli aquilani, invece ha tenuto. Le diciannove new town, tirate su a razzo per battere allo sprint il freddo che da queste parti morde cattivo, hanno fatto il loro dovere. Hanno protetto dalla neve alta settanta, ottanta centimetri e da temperature insostenibili in una tendopoli o in un alloggio precario: meno dieci, anche meno dodici.
Angelo Bonura, vicesindaco e assessore all’urbanistica e alla protezione civile nei giorni della tragedia, oggi vive nella new town di Sant’Antonio. Lui e la figlia, in trentasei metri quadri che devono sembrare ogni giorno più provvisori se non precari: «Quella notte dal palazzo in cui abitavamo siamo usciti vivi io e mia figlia: mia moglie non ce l’ha fatta e con lei altre ventisette persone. Un’ecatombe». E oggi? Bonura passa in rassegna le disgrazie arrivate fin qui, quasi un catalogo di maledizioni bibliche: «L’alluvione, gli incendi, il terremoto e ora la neve. Ma la neve non ci ha danneggiato. Fuori i collegamenti sono stati difficili per i primi due giorni, non era facile raggiungere i centri commerciali, i supermercati mezzi vuoti, ma in casa non è successo niente. Riscaldamento ok, luce e acqua calda senza problemi, impianti in ordine, gli appartamenti hanno tamponato la neve».
Come a Sant’Antonio e a Coppito 2, dove vive la signora Annarita Ibi. «Siamo in quattro in sessanta metri quadri, si pensa sempre alla casa vecchia che non c’è più, ma qui l’emergenza neve non l’abbiamo sentita. Il problema era fuori perché le rampe che portano ai garage non sono state spalate, almeno all’inizio, e anche a mettere le catene le ruote non avanzavano».

Le trappole semmai erano sui pianerottoli, sulle scale esterne, affilate come coltelli e trasformate in pericolosi trampolini. Inconvenienti, anche fastidiosi, ma nulla a che fare con le cartoline cupe di un’Italia in balia della neve per giorni interi.

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