Accordo con l’Ue: due anni per sanare il deficit

Gian Battista Bozzo

da Roma

L’Italia avrà tempo sino alla fine del 2007 per ritornare sotto un deficit del 3%: fonti della commissione Ue confermano che oggi l’esecutivo comunitario concederà al nostro Paese due anni interi per rientrare nei parametri previsti dal patto di stabilità. «Si delinea un buon accordo: è plausibile che ci vengano dati due anni di tempo: non ci sarà alcuna manovra aggiuntiva nel 2005, ma due finanziarie serie nel 2006 e nel 2007», dice il ministro dell’Economia Domenico Siniscalco.
La commissione indicherà oggi al governo italiano il percorso di rientro dal disavanzo eccessivo, che quest’anno - a seconda delle diverse previsioni - potrebbe variare fra il 3,6% e un 4% del pil. Le raccomandazioni di Bruxelles dovranno quindi essere approvate, l’11 e 12 luglio, dai ministri finanziari europei riuniti dapprima in Eurogruppo (i Paesi a moneta unica) e successivamente in Consiglio Ecofin. I tre punti-chiave delle raccomandazioni sono, in estrema sintesi: 1) nessuna manovra 2005, che al contrario deprimerebbe ancor più l’economia; 2) rientro dall’extra-deficit alla fine del 2007, con un aggiustamento valutato almeno mezzo punto di pil per anno (6,5-7 miliardi di euro); 3) maggiore impegno nella riduzione del debito pubblico, il più alto dei Paesi europei.
Il «caso Italia» rappresenta il primo test per il patto di stabilità rinnovato. La concessione di un lungo periodo di tempo al nostro Paese per riportare il disavanzo sotto il 3% del pil rientra, appunto, nella maggiore flessibilità oggi prevista nel patto. La commissione ha potuto verificare che nel caso del Portogallo, ma anche in quello olandese, la ricerca del massimo rigore sul fronte dei conti ha condotto Lisbona alla recessione e l’Olanda alla stagnazione: perché ripetere l’errore con l’Italia? «I due anni concessi dalla commissione rappresentano una notizia buona, e anche ragionevole rispetto all’andamento del ciclo economico - commenta il viceministro dell’Economia Giuseppe Vegas -: il governo ne terrà conto nel Dpef». Vegas aggiunge che la crescita 2005, che finora ha mostrato un primo trimestre negativo (-0,5%) potrebbe, alla fine, rivelarsi leggermente superiore allo zero.
Il Documento di programmazione economica e finanziaria, rivela Siniscalco, «sarà pronto per il 4 luglio, non avrebbe senso farlo fino a quando non sono noti nel dettaglio i risultati dell’autotassazione e le raccomandazioni europee, quantomeno a livello tecnico», osserva il ministro dell’Economia. Il documento sarà illustrato quindi alle parti sociali, e infine approvato dal Consiglio dei ministri.
«Il Dpef sarà costruito con l’obiettivo di rimettere in moto la crescita e di non deteriorare i conti», afferma il ministro dell’Economia davanti alla commissione Politiche Ue del Senato. La crescita potenziale del nostro Paese, spiega, era al 4% nel 1970, del 3% nel 1980, ed all’1,5% dalla metà degli anni Novanta ad oggi. Dunque, «il nodo è arrivato al pettine, il Paese ha crescita lenta, se non negativa, e bisogna uscire da questa trappola. Sul piano della crescita - aggiunge Siniscalco - l’Europa ha fallito, a causa di scelte che hanno privilegiato la protezione sociale e le rendite, di scelte protezionistiche e di sussidi. Gli incentivi a fondo perduto - dice ancora il ministro - si sono rivelati un disastro». E l’Europa ha fatto fiasco anche sulla strategia di Lisbona: «Troppi obiettivi, e pochi risultati».
Nei giorni scorsi, il ministro dell’Economia ha indicato cinque punti intorno ai quali sarà costruito il Dpef: semplificazione e maggiore libertà d’impresa; meno tasse, incominciando con il taglio dell’Irap, e meno sommerso; più investimenti; più qualità nella finanza pubblica (con meno una tantum); infine, misure per garantire il potere d’acquisto dei cittadini. Siniscalco conferma che sarà «rinforzato» il premio fiscale per le fusioni fra piccole imprese.

«Al taglio dell’Irap siamo favorevoli - commenta il responsabile economia dei Ds, Pierluigi Bersani - ma vorremmo sapere come il governo lo finanzierà».
Ieri, il Consiglio dei ministri ha approvato il rendiconto 2004 e l’assestamento di bilancio 2005, con il saldo da finanziare che passa a 51,1 miliardi dai 48,6 miliardi inizialmente previsti.

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