«Accordo su orari e costo del lavoro Così siamo tornati»

La Fiamm di Vicenza è leader europeo nelle batterie d'auto «Delocalizzare oggi funziona solo per chi è meno specializzato»

Il costo medio orario di un operaio in Italia era di 24 euro, in Repubblica Ceca di 5. Un quinto. I conti dei risparmi sono facili da fare e nel 2006 la Fiamm, leader europeo nelle batterie per auto e industria leader mondiale nei clacson (è suo il 60 per cento del mercato planetario), trasferì parte della produzione in Boemia, nel distretto industriale dove si costruivano le Skoda. «Ma già dopo un paio d'anni il contesto cambiò e la sola voce dei minori costi non era sufficiente per una corretta gestione», spiega Nicolò Gasparin, direttore mercato della multinazionale di Montecchio Maggiore (Vicenza).

La Fiamm, che ha chiuso il 2014 con un fatturato di 584 milioni di euro, fu tra i primi nel Nordest a delocalizzare: in Cekia andò circa il 25 per cento della fabbricazione di accumulatori a uso industriale. Ma fu anche tra i primi a rientrare, mostrando che il capitolo costi non è l'unico a incidere sulla decisione di trasferire le linee produttive all'estero. «La manodopera non era specializzata e l'inflazione prese a salire rapidamente – chiarisce Gasparin -. Cresceva anche il costo del lavoro per la concorrenza della Skoda mentre la retribuzione dei quadri dirigenti era paragonabile a quella italiana. A questo si aggiunse una profonda revisione di tutta la strategia produttiva del gruppo, che univa innovazione tecnologica e nuovi investimenti. La soluzione più adeguata era riportare quelle produzioni in Italia perché le competenze della nostra manodopera ci consentivano di riposizionare verso l'alto la nostra produzione».

Le linee non tornarono a Vicenza ma andarono ad Avezzano, in Abruzzo, dove fu realizzato uno stabilimento specializzato multiprodotto al posto di un impianto che si avviava a essere dismesso. Furono assunte subito 110 tute blu anche grazie ad accordi innovativi con i sindacati: una riduzione del costo del lavoro e una riorganizzazione degli orari (ora si lavora su tre turni) a fronte di un investimento di 30 milioni di euro per il nuovo impianto produttivo. Ora ad Avezzano ci sono 140 operai in più rispetto ai tempi della Repubblica Ceca; nel 2014 la Fiamm ha assunto complessivamente 190 persone a fronte dell'uscita di 130. Gli investimenti continuano.

«Il reshoring in Italia ha consentito di migliorare la produttività, l'efficienza e la qualità», dice Gasparin. Gli extracosti legati allo scarto sono stati ridotti del 40 per cento e ciò compensa il persistente divario nel costo del lavoro, che è diminuito ma non azzerato: se prima il salario in Repubblica Ceca era un quinto, ora è un terzo. Fiamm realizza comunque all'estero il 70 per cento del fatturato. Spiega Gasparin: «In Italia produciamo per il mercato europeo e mediorientale; in Cina per il mercato cinese e negli Stati Uniti per le Americhe.

Anche la fabbrica cinese era sorta in un'ottica di delocalizzazione, ma negli anni è rimasta a presidiare il mercato locale». Qualità e innovazione sono le parole d'ordine, il low cost può valere soltanto nei settori produttivi meno specializzati.

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