Accusato di terrorismo usa il tribunale per fare un comizio contro le morti in porto

Aveva appena iniziato a rilasciare dichiarazioni spontanee quando il giudice lo ha fermato «perché non inerenti al processo». È quanto successo ieri mattina a Gianfranco Zoja, 55 anni, il presunto brigatista arrestato lo scorso 11 giugno, durante il processo che lo vede imputato insieme ad altre cinque persone per violenza privata e danneggiamenti.
«Trenta morti in porto in dieci anni...», aveva appena iniziato a dire quando è stato fermato dal giudice. Al suo arrivo, una ventina di amici e camalli del porto lo hanno salutato con i pugni chiusi e applausi. Un «tifo» a metà strada tra lo stadio e il comizio, che si era già verificato in occasione di una precedente udienza in favore del presunto terrorista.
Dopo avere zittito Zoja, il giudice ha rinviato il processo al 3 febbraio. La vicenda che lo vede imputato risale all’aprile 2007, quando i portuali scesero in strada dopo la morte di Enrico Formenti, schiacciato da una pila di balle di cellulosa del peso di circa due tonnellate ciascuna al terminal Forest di Ponte Somalia. Zoja aveva chiesto di essere in aula per potere parlare di quei blocchi stradali avvenuti quando lui era un libero cittadino. Il presunto brigatista, però, non ha reso la testimonianza e l’udienza è stata rinviata al prossimo 11 dicembre. Durante lo sciopero di 24 ore, i portuali avevano bloccato lungomare Canepa, a Sampierdarena, in corrispondenza con il varco portuale di ponte Etiopia. Mentre era in corso il blocco, una persona aveva cercato di passare con l’auto. I sei, secondo le accuse, avrebbero impedito all’automobilista di passare, strattonandolo e rompendo un vetro della vettura.

Per protesta i camalli avevano anche incendiato alcuni pneumatici, bancali e cassonetti.
Ieri Zoja ha cercato nuovamente di trasformare l’aula di palazzo di giustizia in un palco per sostenere le rivendicazioni dei camalli.

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