Gian Marco Chiocci - Massimo Malpica
Quando si è trattato di analizzare le presunte performance sessuali di Gianfranco Fini con la escort emiliana Lucia Rizzo, in arte Rachele, giustamente ci si è chiesti se la signora avesse prove di quel rapporto. Il 7 gennaio il Fatto Quotidiano le ha chiesto insistentemente se fosse in grado di fornire un riscontro. Una foto. Un video. Un nastro registrato. Qualunque cosa. «Lei dice di aver fatto sesso con il presidente della Camera in cambio di soldi. Può provare ciò che dice?». Oppure. «Si rende conto che, se non ci sono prove, dovrà pagarne le conseguenze?». E ancora. «Senza prove, resta soltanto la sua parola. Patrizia D’Addario provò l’incontro con il premier attraverso dei nastri registrati».
A distanza di pochissimo tempo il problema si ripropone. Il Cavaliere è formalmente accusato di aver avuto rapporti sessuali con una ragazza minorenne, Karima El Mahroug, nota Ruby. Ci sono riscontri? C’è davvero quella «prova evidente» dei reati contestati, come sottolineato dalla procura di Milano e come paventato dal sito Dagospia secondo cui foto e video devono esistere per forza perché «una procura accorta come quella milanese sembra difficile che vada a processo contro il premier avendo in mano solo verbali di prostitute o intercettazioni di ospiti di Arcore che, il giorno dopo, commentano la vivacità della serata». Gli avvocati del premier, i soli ad aver preso visione delle carte dell’accusa, parlano di prova inesistente. E pure quotidiani solitamente molto vicini alle procure, in specie a quella di Milano, escludono l’esistenza di scatti e video comprovanti l’ipotesi di reato meno grave ma più infamante («non ci sono agli atti prove trancianti come foto o filmati, tantomeno asserite scene in Sardegna nel pc della ragazza», scrive il Corriere della Sera). L’Ansa con un take delle ore 12.56 attribuibile a fonti giudiziarie ammette: «Non sarebbero state trovate immagini relative a feste nella residenza del premier nei pc sequestrati a Ruby (...)».
Gli unici video mostrerebbero immagini dei party, niente di illecito. Sul punto convergerebbero invece intercettazioni e testimonianze di tre amiche di Nicole Minetti (l’ex igienista dentale del premier e consigliere regionale lombarda che si recò in questura per prelevare Ruby) oltre a dichiarazioni di clienti della ragazza e del fidanzato di Ruby, incredulo per l’interesse morboso della polizia nella ricerca di video compromettenti. Una mole di riscontri indiretti ottenuti anche sull’utenza della marocchina, tendente, secondo Repubblica, a supportare concretamente la tesi accusatoria. Se la prova audiovideo davvero non esiste (a meno di un colpo di scena da esibire in dibattimento) per la procura esistono comunque indizi univoci, concordanti e convergenti che proverebbero l’esistenza di ripetuti incontri a luci rosse: i controlli sui telefoni dimostrerebbero il passaggio di Ruby ad Arcore almeno sette volte invece di tre (come da lei dichiarato). Più ragazze, a verbale, parlerebbero di Ruby alle feste. Poi c’è il denaro, finito nelle sue tasche. Quindi l’intervento in questura e, di conseguenza, la conoscenza della vera età della ragazza da parte del Cavaliere allorché si attivò per «affidarla» alla Minetti (si affida una minorenne, non una maggiorenne, rimarcano i pm). Benissimo. Ma siamo ancora nel campo dei meri indizi. Che cozzano con le dichiarazioni, in procura e sui giornali, della stessa Ruby Rubacuori che ha raccontato delle feste a villa San Martino (è lei a parlare di bunga bunga) negando però di essere finita nel letto del presidente del Consiglio («Berlusconi mi ha solo aiutata, salvata da una situazione difficile»). Pure il Cavaliere ha negato tutto, a cominciare dalla sua conoscenza dell’età di Ruby. Ai pm poco importa. Ci sono i quattrini per le prestazioni. Tanti soldi, giura la pubblica accusa. Dai 2 ai 5mila euro, consegnati dopo ogni incontro dal cassiere di Berlusconi, Giuseppe Spinelli. «È sufficiente per contestare al capo del governo il favoreggiamento della prostituzione minorile?» s’interroga Repubblica. Forse no, visto che una delle testimoni dell’accusa ha ammesso d’aver preso soldi da Berlusconi (duemila euro infilati in due cd di Apicella) senza averci fatto nulla e dopo aver esternato in faccia al premier il proprio imbarazzo per la brutta serata trascorsa.
Anche in assenza di prove schiaccianti la procura ostenta comunque sicurezza. Si sente forte sul fronte della concussione, il reato più grave, ben radicato a Milano, considerato ampiamente documentato dalla telefonata in questura, da più testimonianze, dalla pubblica ammissione dello stesso Berlusconi («sono una persona di cuore, aiuto le persone che hanno bisogno»). Il sesso con Ruby è un di più. Se esce un video è meglio, se non esce fa lo stesso.
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