Le accuse al padre di Gravina: «Poteva uccidere anche le figlie»

Il gip: «Pappalardi è violento. Deve restare in cella La sua famiglia rischiava perché conosceva il segreto della scomparsa dei fratellini». Caccia ai complici

nostro inviato a Gravina
Filippo Pappalardi, il papà dei due fratellini scomparsi e uccisi sulle Murge, può ammazzare ancora all’interno della sua famiglia. Magari una figlia della convivente, e/o la convivente stessa, che custodiscono segreti «sulla reale dinamica dei fatti». Per questo va arrestato. Il gip non ha dubbi: ruota intorno al padre-padrone e alla matrigna-megera il giallo di Gravina che le perizie del tribunale dei minori e le consulenze degli psicologi descrivono così: Salvatore e Francesco Pappalardi sono figli di una coppia di genitori separati dal 1997. Al padre, Filippo, che convive da sette anni con Maria Ricupero (vedova e con due figlie) il tribunale dei minori affida Salvatore, Francesco e la terza figlia, Filomena, tutti reduci dalla comunità «Il Sipario». La figlia da subito mostra insofferenza verso il padre. Prova a scappare, abbozza un suicidio, rientra in comunità, è ripresa in casa dalla madre naturale, Rosa Carlucci. Filomena ipotizza che i suoi fratelli «si sono allontanati volontariamente perché vogliono, anche loro, tornare dalla mamma». Versione respinta dal duo Pappalardi-Ricupero che parla di clima idilliaco tra le mura domestiche. I periti si dicono convinti che con la nuova famiglia Pappalardi si sente appagato, «il suo bisogno di equilibrio finalmente soddisfatto». Ha una nuova donna che lo gratifica, mentre per l’ex moglie che nemmeno contatta il giorno della scomparsa dei figli, nutre «sentimenti di rivalsa e profondo disprezzo». Scrive il perito: «Esibisce sicurezza, sostiene di essere vittima della moglie (...). Si trincera dietro l’assetto familiare che si è creato e che giudica ineccepibile. In questo modo contiene la forte aggressività latente (...). Dalle sue parole non è mai emersa affettività, la scomparsa dei figli non lo sconvolge emotivamente».
Sintetizzando, Pappalardi incarna il ruolo di padre-padrone impegnato a portare i soldi a casa, per lui i figli devono andare a scuola, ma Ciccio al pomeriggio deve aiutarlo in officina. «Al resto, all’educazione, ci pensa Maria». Che invece non ne ha mai voluto sapere di crescere quei fratellini in quanto «non solo non è una donna affettuosa ma neppure ragionevole: non vuole quei ragazzi tra i piedi ma per intuibili motivi non può dichiararsi apertamente neppure col convivente facendo così buon viso a cattivo gioco». Forte di ciò il padre-padrone prova a convincere gli inquirenti della responsabilità dell’ex moglie incattivitasi per la decisione del tribunale dei minori. Da parte sua la Carlucci non fa nulla per allontanare da sé le attenzioni della polizia: si difende male, è sospettosa, anaffettiva, non partecipa alle ricerche dei figli. La consulenza della psicologa del tribunale (29.11.2006) non a caso la definisce «borderline» con «associati tratti di paranoia e distacco sociale». Ma a salvare la Carlucci ci pensa, involontariamente, proprio la Ricupero parlando con il convivente: «Quella (la Carlucci, ndr)... non li tiene, io sono certa che non li tiene...» i fratellini.
La situazione precipita quando il tribunale strappa i ragazzini alla madre. «Francesco e Salvatore, non sopportando la condotta oppressiva del padre - si legge nelle conclusioni -, quella decisione contraria li lasciò profondamente delusi». Tant’è che poco prima della scomparsa «il clima si era fatto particolarmente teso in casa».

Lo testimonia una telefonata dei fratellini alla madre per convincerla a farsi autorizzare dalla matrigna a passare qualche ora nella vecchia casa. «Seppur in animo - chiosa il giudice - erano consapevoli che qualcosa di particolarmente grave poteva accadere».
gianmarco.chiocci

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