Milano - Ci sono voluti 14 anni perché un uomo ormai anziano accusato nel 1996 di gravissimi episodi di stupro dalla nipote ottenesse una prima risposta dall’autorità giudiziaria. Dopo un processo che solo per il primo grado è durato ben 5 anni (anche se le udienze sono state solo 18) e dopo che la sentenza è passata in giudicato il 27 dicembre successivo, finalmente Salvatore A., 70 anni il prossimo maggio, ha ottenuto l’imputazione coatta della sua accusatrice, Daniela S., 31, con l’accusa di calunnia aggravata.
La disavventura giudiziaria di Salvatore A. è cominciata il 30 gennaio 1996 quando la nipote, all’epoca 18enne, lo aveva denunciato, sostenendo di essere stata violentata più volte da lui fin da quando aveva 10 anni. Ne era nata un’inchiesta con tanto di richiesta di custodia cautelare in carcere per l’indagato che il gip dell’epoca, scrive oggi Salvini, aveva prudentemente rigettato. Poi durante i cinque anni del processo, la denunciante aveva aggravato le accuse nei confronti dello zio, affermando che questi l’aveva anche fatta oggetto di sevizie, spegnendole sigarette sulle braccia e sulle gambe, l’aveva taglizzata con un coltellino e picchiata con una cinghia e l’aveva portata in un appartamento in via Morsenchio e in altri luoghi per farla incontrare con vari altri uomini che avevano abusato di lei. Non solo, la ragazza aveva in seguito aggiunto che più volte lo zio l’avrebbe sottoposta a sorta di "rapimenti" portandola via dal cortile dove giocava con i suoi coetanei e costringendola a seguirlo per usarle varie violenze anche nella portineria del condominio di via Marco d’Agrate.
Le accuse della nipote, però, erano via via cadute in una serie di contraddizioni al punto che i giudici avevano assolto l’imputato, affermando "l’inattendibilità e l’illogicità di quanto raccontato dalla vittima che risultava non credibile né sul piano soggettivo, né sul piano oggettivo, avendo fra l’altro narrato di aver fatto delle confidenze su quanto le era accaduto a persone già decedute quando gli abusi sessuali sarebbero avvenuti". Per giudice per le indagini preliminari Guido Salvini, il motivo di tale anomalo comportamento non è stato ancora chiarito. La spiegazione del comportamento della giovane, anche secondo i giudici che hanno assolto l’uomo, potrebbe derivare dal desiderio, raggiunto con mezzi distorti, di essere ascoltata all’interno e all’esterno della famiglia.
Nel 2005, dopo il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, lo zio presentava una denuncia per calunnia alla procura di Milano. L’imputazione della nipote è stata disposta dal giudice Salvini, che ha rigettato la richiesta di archiviazione formulata dalla procura. Nel dispositivo, il gip esprime perplessità su tutta la vicenda giudiziaria fonte di sicura sofferenza per il 69enne e in particolare sulla richiesta di archiviazione presentata dal pubblico ministero il primo settembre 2009, dopo una stasi di quasi 4 anni del procedimento a partire dalla denuncia dell’anziano del 16 novembre 2005. Salvini si è peraltro meravigliato che l’inchiesta per calunnia a carico della nipote non sia stata ordinata dallo stesso tribunale in occasione dell’assoluzione dell’imputato come avviene normalmente, né sia stata avviata per iniziativa personale dal pm stesso.
Ripercorrendo la vicenda, il gip afferma che forse il tribunale non aveva trasmesso copia degli atti alla procura della Repubblica perché si procedesse nei confronti della nipote per il reato di calunnia aggravata perché aspettava che la sentenza divenisse definitiva.
Tuttavia, secondo Salvini, "Tale necessità appare evidente potendosi prospettare non solo un serio fuorviamento dell’amministrazione della giustizia, ma anche un grave danno all’onore della persona accusata, che ha visto la sua libertà personale posta in serio pericolo e la sottoposizione a un processo che è durato molti anni, fonte di sicura sofferenza".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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