Acque agitate e scommesse vinte

«Benvenuti a bordo». Era il titolo del mio intervento sul primo numero di questa nuova iniziativa editoriale. Era il 6 febbraio scorso. Il Giornale di Bordo oggi è una realtà, un’altra scommessa vinta, un prodotto apprezzato sia dagli addetti ai lavori sia dai nostri abituali lettori.
Il segreto? Abbiamo affrontato i grandi temi (e problemi) del settore che, come altri comparti, ha dovuto confrontarsi con una crisi durissima. Ma che, a differenza di altri, è stato il meno ascoltato nei palazzi della politica. Eppure gli imprenditori continuano a lavorare, a investire, a offrire al mercato internazionale nuovi modelli. Senza alzare i toni, ma questa volta con voce ferma.
«O ci ascoltate o affondiamo tutti», sì è sentito dire spesso negli ultimi mesi. In fondo che cosa chiedono le imprese? Chiedono un governo che governi, come in un qualsiasi Paese normale. Purtroppo, però, noi viviamo in un Paese anomalo. Ha ragione il presidente di Ucina-Confindustria Nautica, Anton Francesco Albertoni, quando sostiene: «Ogni giorno assistiamo all’evoluzione della politica e noi dobbiamo adeguarci...». In realtà un governo c’è. Bloccato da un manipolo di irresponsabili che inseguono sogni di gloria. Chissenefrega se l’economia arranca, se le imprese chiudono. Sì, chiudono anche le imprese del settore nautico, una forza lavoro di 120mila persone che non sono mai salite sui tetti o sulle gru per manifestare i loro disagi e le loro difficoltà.
Occupandosi settimanalmente di questi temi e problemi, con grande impegno e con documentati servizi giornalistici, il Giornale di Bordo è entrato autorevolmente nel Palazzo per denunciare i pregiudizi, la burocrazia, leggi e regolamenti superati. E per sollecitare semplici interventi amministrativi, a costo zero per lo Stato, che potrebbero rilanciare tutta la filiera. Che non è fatta solo di grandi yacht per ricchi.
In verità qualcosa si è mosso. Grazie al gran lavoro del presidente Albertoni e dei suoi più stretti collaboratori nell’ambito di Ucina, la politica - ovviamente con i suoi tempi - si è avvicinata alla nautica. Non a caso nell’ultimo anno il dialogo con le istituzioni, in particolare con i dicasteri dello Sviluppo economico, delle Infrastrutture e della Semplificazione è stato costruttivo e ha dato anche dei risultati. Che però non bastano. All’appello sono mancati - nonostante i ripetuti solleciti, due ministeri strategici per questo settore: l’Ambiente e il Turismo.


Si parla tanto di «questione meridionale» e di «Italia a due velocità». Se il Sud vuole davvero scommettere un euro sul futuro della sua gente, riparta dal suo elemento naturale, cioè l’ambiente marino, e dall’elemento economico, vale a dire il turismo da diporto.

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