Addio a Berlanda, sceriffo della Borsa

È stato il primo presidente della Consob a misurarsi con il mercato. Dall’Opa Ferfin alle privatizzazioni

Marcello Zacché

da Milano

«Avevo detto subito che non sarei stato un dobermann cattivo, ma un paziente e vigile pastore bergamasco». Così parlò Enzo Berlanda nel 1997 quando, dopo 5 anni, lasciava la presidenza della Consob. L’ex senatore democristiano è morto ieri mattina in ospedale a Milano, dove era ricoverato. Aveva 79 anni.
Al vertice della Consob, Berlanda era stato nominato nel gennaio del 1992 dalla Dc. Una nomina politica alla presidenza di un’istituzione ancora giovane (nata nel 1974), assegnata in quota allo scudo crociato, e fino a quel momento dormiente o poco più. Ma Berlanda rappresentò una svolta, primo presidente di un certo peso dopo il «nulla» dei primi anni, la meteora Guido Rossi, e le chiacchierate gestioni di Franco Piga e Bruno Pazzi degli anni Ottanta.
Primo di dieci fratelli, sposato con quattro figli, veronese ma bergamasco d’adozione, Berlanda apre uno studio commerciale negli anni Sessanta. La preparazione e l’impegno politico-cattolico nelle Acli lo mettono in mostra fino a ricevere l’incarico della liquidazione della Banca di Credito e Risparmio di Roma, passata alla fine a un altro bergamasco, Carlo Pesenti, per dare vita all’Ibi. La carriera politica lo porta prima alla segreteria provinciale della Dc, poi a Palazzo Madama, dove entra da senatore nel 1979. Per poi guidare la Commissione Finanze fino alla nomina in Consob.
Di certo la sua reggenza in via Isonzo coincide con una missione ben complessa. Gli anni di Berlanda alla Consob sono quelli del big bang di Piazza Affari per tutti i suoi protagonisti: gli intermediari, le società, la Borsa stessa. Il che si traduce, per il «cane da guardia» dei risparmiatori (il termine che gli anglosassoni usano per l’Authority del mercato azionario) in un’immensa opera di vigilanza con l’obiettivo di creare un rapporto credibile e autorevole con il mercato. Nell’era Berlanda arrivano la legge sull’Opa e quella sull’insider trading; nascono le Sim, la Borsa diventa un mercato a contante e continuo; è l’epoca delle prime privatizzazioni, ma anche della quotazione in Borsa di Mediaset.
La partita si gioca nel rapporto tra i grandi gruppi e il mercato, il nodo su cui la Consob è sempre stata chiamata a rendere conto. E Berlanda, cronicamente alle prese con poteri e risorse ridotte, lascia un’impronta in positivo, apprezzato per la sua indipendenza. Epocale l’obbligo di Opa imposto a Mediobanca su Ferfin.

Mentre sempre nei rapporti con Enrico Cuccia non è stato apprezzato da alcuni, il via libera ai progetti di Mediobanca su Credito Italiano e Comit appena privatizzate. Ma lo aveva detto lui stesso: cane da guardia sì, ma non necessariamente un dobermann.

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