Fu Peppino Caldarola, da direttore dellUnità, a far debuttare Nicola Rossi come editorialista sul giornale dellallora Pds. Entrambi riformisti della prima ora, entrambi amici di Massimo DAlema (che è «cosa diversa dallappartenere alla filiera dalemiana»), insieme sono stati eletti nel 2001 in Parlamento, e insieme hanno combattuto anche lultima campagna elettorale. Combattuto in casa, ancora prima che fuori: fino allultimo, la loro candidatura nelle liste dellUlivo in Puglia, in quota ds, è stata in forse: troppo autonomi, «cavalli senzi fantino dentro quel network di partiti personali che sono ormai la Quercia e lUlivo», dice Caldarola. Alla fine sono stati piazzati negli ultimi due posti in lista, ed eletti per un soffio. E proprio Caldarola, oggi animatore della «terza mozione» anti-Partito democratico dei Ds, è stato uno dei primi a raccogliere le confidenze sul crescente disagio di Nicola Rossi verso il suo partito e il governo Prodi.
Onorevole Caldarola, la diagnosi di Rossi sullesaurimento della spinta riformista nei Ds è spietata, la condivide?
«La rinuncia di Nicola è una perdita clamorosa e senza precedenti per la Quercia: indebolisce Fassino e DAlema, denuncia in sostanza limpraticabilità del campo per chi guarda a un centrosinistra capace di innovare. Tanto più grave perchè non è lui ad aver bisogno della politica, è la politica che avrebbe bisogno di lui. Le sue critiche sono tutte condivisibili, anche per chi come me non ritiene ancora definitivamente impraticabile il campo, e spera che il prossimo congresso riesca a rianimare questo partito. Ma non escludo del tutto di arrivare al suo stesso approdo, se questo fallisse».
Come giudica la replica difensiva di Piero Fassino?
«È una difesa di ruolo. Daltronde sul segretario si è scatenata una bufera: Rossi è una persona sola ma una persona pesante, e la sua defezione è grave. Fassino reagisce chiedendo un nuovo mandato fiduciario, gli dice resta e vedrai che faremo grandi battaglie, ma quelle battaglie Rossi le chiede da mesi senza alcuna risposta».
Che ripercussioni può avere laddio di Rossi sui Ds e sul governo?
«È un affluente di quel fiume carsico di malessere profondo che attraversa il partito. Se non si darà una raddrizzata riformista a questo governo e se i ds non decideranno finalmente che cosa sono cè il rischio che il malessere esploda. Ed è una sconfessione pesante anche per Prodi, una defaillance che non arriva dalla sinistra radicale ma dal cuore del riformismo».
Limpressione è che la Quercia, che pure è il principale partito di maggioranza e ha ben nove ministri, non riesca affatto a incidere sulla rotta di Prodi e del suo governo, nemmeno quando prova ad alzare la voce.
«Siamo usciti da un Consiglio nazionale nel quale Piero Fassino ha chiesto con grande solennità una fase due, usando espressioni assai incisive su quello che dovrebbe fare il governo. Ma il premier ha smontato, sminuito, ignorato. È andato avanti come se nulla fosse. Ora i Ds sono davanti ad un bivio: o nasce una grande forza del socialismo riformista, capace di incidere sulla politica di governo, oppure continueranno a essere sballottati tra il protagonismo della Margherita e quello del presidente del Consiglio. Che si è garantito per ora lasse con la sinistra radicale e a Fassino replica il riformismo cest moi, voi seguitemi e tacete, come fosse già il capo-partito. Anche nostro».
La defezione di Rossi rappresenta una ferita anche per il futuro Partito democratico.
«Per il partito democratico la sconfitta è perfino più grave che per i Ds. Nicola Rossi non è uno che come me ha nel suo orizzonte la creazione di un partito del socialismo democratico europeo, è un intellettuale della sinistra liberale.
\
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.