Cultura e Spettacoli

Addio alla diva di ghiaccio Un bacio a Lancaster la trasformò in leggenda

Aveva questa bellezza algida, intensa eppure scostante, un ghiaccio che tutti avrebbero voluto succhiare, ma che nessuno pensava si potesse sciogliere. Le facevano fare le parti della ragazza dell’Esercito della Salvezza, della religiosa che impassibile attraversava i tormenti della guerra e quelli dell’amore, della moglie virtuosa e inaccessibile, comunque perfetta, della giovane vedova per la quale gli scapoli trovano desiderabile il matrimonio, della fidanzata che attende sempre e non delude mai...
Era bella Deborah Kerr, un metro e settanta per 56 chili, i capelli colore dell’oro quando lo si illumina al tramonto, gli occhi verde-azzurro che più che guardarti ti giudicavano. Negli anni Quaranta, quando lei era nei suoi venti, incarnò il cinema inglese e un certo tipo di donna inglese, la pronuncia perfetta, le maniere eleganti, mai una sbavatura. L’idea che qualcuno ci potesse provare, suonava come un sacrilegio, l’idea che lei si potesse lasciare andare, come una bestemmia. Aveva persino sposato, nel 1945, un eroe della Raf, Anthony Charles Barley...
A ogni film era un problema quale partner maschile mettergli a fianco: ci voleva una carogna che lei potesse redimere, o un simpatico mascalzone che lei potesse rimettere in riga, un eroe di guerra che lei potesse distogliere dal mestiere delle armi. E naturalmente doveva essere affascinante, perché sullo schermo Deborah era troppo bella e troppo altera per accontentarsi di una bellezza maschile qualsiasi.
Così, in I trafficanti le misero a fianco il più mascalzone di tutti, Clark Gable, in Le miniere di re Salomone il più fascinoso, Stewart Granger, in Bagliori d’Oriente, il più cinicamente delicato, Alan Ladd. E ancora, James Mason, Charles Boyer, e qui chi legge scelga l’aggettivo che meglio li rappresenta. Quello che conta è che li convertiva tutti, come uno schiacciasassi che passa sulle anime altrui.
Poi, a trent’anni, ci fu il colpo di scena. Sul set di Da qui all’eternità Joan Crawford, che doveva interpretare una donna insoddisfatta e quindi fedifraga, litiga con il regista e la produzione e se ne va. Chiunque decida che Deborah Kerr possa sostituirla è un genio, oppure la reincarnazione del dottor Freud. Chiunque sia, ha capito che quel ghiaccio che la copre come un’armatura può fondersi se solo si è disposti ad andare sino in fondo, a infrangere il tabù della perfezione. Il film, ambientato in una Pearl Harbour che sta per ricevere l’attacco giapponese, ma non lo sa, è un polpettone infarcito di sensi di colpa, antimilitarismo a spicchi, conflitti di classe e conflitti razziali, ma Deborah, la moglie di un capitano che accetta di cornificarlo con un suo sottufficiale, si esibisce nel più incredibile bacio-amplesso sulla spiaggia e fra le onde della storia del cinema. Lui è Burt Lancaster, e abbiamo detto tutto.
Rotto il ghiaccio, nulla sarà più come prima. Che reciti in commedie ironiche o sentimentali, in film storici o in pellicole drammatiche, la Kerr mantiene quel distacco algido che l’ha resa famosa, ma adesso fa filtrare quell’elemento torrido e provocante che la rende donna e non più madonna. In Tavole separate fa la zitella timida, ma si lascia mettere le mani addosso da un David Niven sedicente ufficiale e gentiluomo, in un Un amore splendido è una cantante di night che prende al laccio addirittura Cary Grant, in Il re ed io incendia i sensi del tartaro Yul Brinner, in L’erba del vicino è sempre più verde tradisce ancora Cary Grant con Robert Mitchum...
Se ne’ andata a 86 anni, un Oscar alla carriera nel 1994, sei nominations, due mariti e due figlie.

Aveva il morbo di Parkinson, ogni tanto si rivedeva sullo schermo e non si riconosceva.

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