Addio Greatbatch È stato il «papà» del pacemaker

È morto all’età di 92 anni Wilson Greatbatch, l’uomo che inventò il peacemaker impiantabile, la micromacchina «stimola-cuore» che ha salvato la vita a una lunghissima lista di pazienti cardiopatici. Greatbatch, una formazione da ingegnere elettrico, nei suoi ultimi anni aveva un’ambizione: trovare una possibile cura per l’Aids, ed era a questo che stava lavorando. Mentre la sua creaturà più famosa già nel 1983 era stata consacrata dalla National Society of Professional Engineers, guadagnandosi un posto nell’Olimpo dei dieci più importanti contributi dell’ingegneria alla società. Il debutto del pacemaker risale al 1960, anno in cui è stato eseguito, al Veterans Affairs Hospital di Buffalo, il primo impianto di successo della macchina salvacuore.
Il battito cardiaco del «paziente zero», un 77enne, divenne subito regolare. E l’uomo visse altri 18 mesi dopo l’operazione. Nel 2010 Greatbatch aveva festeggiato il 50esimo anniversario del dispositivo medico. Oggi, centinaia di migliaia di persone ricevono un pacemaker ogni anno. Greatbatch fu un inventore instancabile: più di 150 brevetti portano la sua firma. Una passione lunga una vita. Tanto che nel 1998 fu ammesso nella «Hall of fame» degli inventori ad Akron (Ohio).

Guardava con interesse al lavoro della nuova generazione di inventori ai quali lanciò anche una sfida, proponendo loro di lavorare alla fusione nucleare usando un tipo di elio che si trova sulla luna. Prima di morire ha avuto anche modo di lanciare una previsione sul futuro delle risorse enrgetiche del pianeta: secondo Greatbatch, i combustibili fossili si esauriranno entro il 2050.

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