A questo punto, cogliendo la palla al balzo, sarebbe stupendo se assieme a Veltroni si levasse dai piedi anche il veltronismo. Cioè questa cultura particolarissima, questa idea della vita, fondata su un solo valore fondamentale e supremo: la fuffa.
Che cosa sia la fuffa non è necessario scoprirlo sul vocabolario: già il suono della parola esprime vuoto, finzione, superfluo. Il contrario della sostanza, della concretezza, dell’utilità. Magari i comunisti di una volta erano grigi e trinariciuti, come diceva Guareschi, ma almeno avevano il pregio di badare al sodo, tenendo in odio tutto quello che sapeva di mondano e di fatuo. Con Veltroni, il movimento intraprende improvvisamente un’altra lunga marcia: dai campi ai salotti, dalle fabbriche alle terrazze, dalle officine al cineforum. Poi dice che le dimensioni della catastrofe sono inspiegabili. Scenda a chiederlo in strada, se sono così inspiegabili.
Pare che non sia mai bello infierire sullo sconfitto. Ma qui non si tratta di infliggergli sadiche e gratuite pene fisiche: si tratta soltanto di ricordare a quest’uomo venuto dal nulla, prosperato sul nulla e finito nel nulla, la lunga serie delle sue intuizioni strategiche. Gli inizi di una certa filosofia sono già chiari quando Veltroni è ancora direttore dell’Unità. I giornalisti di allora, ancora oggi, non hanno dimenticato nulla: col giornale in difficoltà, lui lavora in profondità allegando le famose videocassette. In certe situazioni aziendali, è come curare il vaiolo con un tocco di cipria. Difatti. Finiti i film, arrivano i titoli di coda: lui se ne va verso nuove glorie, il giornale precipita nella crisi.
Il resto, a seguire. Si passa al capitolo sindaco di Roma. Anche qui, stesso metodo e stessi risultati: mentre la Capitale chiede interventi strutturali, lui affonda il bisturi lanciando le Notti bianche. Praticamente, un gran ballo sul Titanic. Quindi, il Festival del Cinema. In effetti, a Centocelle e alla Garbatella se ne sente la mancanza. Ma Veltroni e la sua gente per nulla al mondo baratterebbero la libidine di sfilare lungo la passatoia rossa accanto ai Cruise e alle Kidman. Nel frattempo anche il bilancio comunale è spaventosamente rosso. Ma quello è un problema che tocca ad altri. Dopo, quando lui di nuovo se n’è andato.
Il veltronismo è chiamato alla sua sublimazione. Nel Pd. Si comincia dalla sede: basta con il vecchiume polveroso delle Botteghe Oscure, non sembra nemmeno vero di poter finalmente accedere a un loft. Sempre lavorando di cipria, servono poi nuovi miti: consumati dall’uso i Kennedy e i Martin Luther King, si coglie al volo Obama. Anziché pensare alla corsa elettorale propria, i veltronisti si proiettano con passione ultrà su quella americana. E la volta che Obama vince davvero, sembra abbiano vinto loro. Pazzesco: come se l’elezione in Abruzzo sia una cosa da pezzenti.
Ma il veltronismo ormai è una corrente di pensiero che vola altissima, debitamente sostenuta dalla sua corte dei miracoli. Si lavora su tutti i fronti. C'è anche un serio revisionismo storico: il cinema di Alvaro Vitali, che quando era guardato in caserma passava per trash e ripugnante, diventa improvvisamente roba seria, per impegnati cineforum d’essai. Tutti, adesso, sono pronti a spiegarci che allora non l'avevamo capito.
Poi arriva la campagna elettorale del 2008: mentre a sinistra c’è una forte domanda di programmi sostanziosi, il veltronismo è impegnatissimo a cercare sfondi per le riprese tv. Prima il Lingotto. Quindi gli ulivi di Spello. E lui, Walter, volando tra Fiat e San Francesco, che evoca il nuovo mondo: un mondo dove tutti, operai, padroni, commercialisti e maestri di sci, all’unisono vivranno finalmente in un’Italia perbene, fortemente pacata. Yes, we can. Le piazze non si riempiono più come una volta? Pensionati e portuali bestemmiano in turco? Non fa nulla: la piazza è vecchia, antiquata, obsoleta. Con chi ha capito il nuovo, ci si rivede garruli alla grande festa degli amici di Facebook. Yes, we can dance, wow.
Per fortuna è finita qui. Ora c’è l’urgente necessità che la sinistra torni a parlare di cose serie, a fare cose serie. Di Veltroni e del veltronismo nessuno sente già più la mancanza. Anche se non è bello infierire, converrà ricordarlo: quest’uomo non ha perso soltanto una disumana serie di elezioni.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.