Addio a Piero, l’uomo che guidò per Berlinguer

Sabato, vigilia di Ferragosto, era sul campo da bocce vicino a casa, a Granarolo. La sua passione, quella che gli aveva fatto vincere anche qualche medaglia ben meritata. Si era concesso il pomeriggio di sport perché sapeva già che il giorno successivo l’avrebbe trascorso a montar mensole, e a fare lavoretti domestici. Pietro Piccolo, per tutti Piero, 75 anni con il fisico ben piantato dell’ex portuale, con le mani in mano non ci sapeva stare. Solo il maledetto destino ha potuto metterlo fermo, il male crudele che colpisce chi lavora in porto se l’è portato via.
Improvvisamente, ieri pomeriggio Piero ha avuto una crisi fatale. Eppure in tanti credevano che l’avrebbe ancora spuntata. Come aveva sempre fatto reinventandosi un’occupazione, come l’ultima, in Regione, nello staff del presidente Burlando.
Piero, combattente nell’animo, aveva uno spirito indomabile. Quello che negli anni Cinquanta l’aveva spinto a prendere la patente prima di tutti i suoi amici, che l’aveva portato a militare nel partito comunista, a crederci davvero. Tra i molti che oggi lo ricordano non solo gli amici e i familiari ma anche il «suo» presidente Burlando, che lascia da parte il ruolo istituzionale per parlare dell’amico. «Lo conoscevo da sempre», dice ricordando anche quando era ministro e Piero gli faceva da autista, era sempre disponibile, pronto a darsi da fare. «Uno che non stava a casa a vedere la tv», chiosa il presidente, con il rimpianto nella voce.

Tra le vittorie di Piero quella di aver accompagnato personaggi del calibro di Luigi Berlinguer, di aver insomma sperimentatouna vicinanza anche fisica oltre che ideologica con i leader del suo partito. Oggi Piero Piccolo non c’è più. Ha seguito il destino dell’amico Batini, compagno di idee e di battaglie.

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