Addio Raffaello, ecco Leonardo Moratti gli farà da body guard

Entra Leonardo nella galleria dei belli di Moratti. Il presidente appende un altro quadro alla personalissima collezione. Da “Paul Newman” Lippi in poi è stata un’escalation, con qualche caduta: c’è stato Tardelli (allora bello per definizione), poi il cashemirato Mancini, infine il tenebroso Mourinho. Benitez è stato un incidente di percorso ed ora Leonardo rivaluta il senso estetico del patron. Anche se questa è un’Inter che passa da Raffaello (Rafa) a Leonardo. Niente male come geni, se non fosse che si parla solo di pallone. L’Inter si affida a un altro ex milanista e questo fa storcere parecchi nasi al tifo nerazzurro. Tra web, siti e parole in libertà, tutto si riduce alla sua patente di ex milanista fedele e praticante. Leonardo è il quindicesimo tecnico dell’era Moratti, ma forse il primo che abbia così fortemente diviso il tifo dalla scelta del presidente: qui non si parla tanto di calcio, quanto di colore della maglia. Quella sulla pelle, non quella che si indossa.
I tifosi cuore e amore preferivano Zenga, vecchia guardia in rotta con gli Arabi dell’Al-Nasri. Esonerato dice un comunicato, mentre l’interessato parla di compensi non riscossi da sei mesi (e la società sarà citata davanti al tribunale della Fifa). Invece Leo piace a Moratti prima come uomo, manager, gestore di sentimenti e idee, poi viene il tecnico. La storia di Leonardo come giocatore garantisce, ma quella dell’allenatore per ora è un’incompiuta. Difficile stabilire bontà o errori nella esperienza milanista. Stavolta Moratti ha giocato al buio, fidando sul fiuto di talent scout e sulle sue capacità di capire calcio. Scommette in prima persona, il rapporto con Leo esisteva da anni, c’era stima, ora c’è un contratto firmato alle 17,30 del 24 dicembre, 2 milioni e mezzo a stagione fino a giugno 2012, ufficializzato subito per evitare il tiro al bersaglio, il «fatto o non fatto?» di due giorni di festa. É il contratto a più breve durata firmato da Moratti, come ci fosse già un’idea (Capello?) per il 2012 e Leo destinato a incarichi manageriali (ha scoperto Pato, Kakà e Thiago Silva).
Leo sarà presentato mercoledì ad Appiano, giorno del ritrovo della squadra. Si porterà un solo collaboratore, Angelo Castellazzi, il tattico che aveva al Milan proveniente dal rapporto con Filippo Galli nella Primavera. Avrà forse l’appoggio del gruppo brasiliano, ma dovrà evitare i siluri del gruppo argentino e dei falchi capo banda d’altra nazionalità, per intenderci. Argentini e brasiliani, storicamente, non si prendono, ma qui c’è Zanetti che ha già detto a tutti da che parte stare. Il capitano difficilmente accoglie male i nuovi arrivi, questa volta ha usato toni ed espressioni positive più caricate. Per gli altri conterà la voce del padrone: piace a lui, deve piacere a tutti. Non ci sarà più spazio per telefonate piagnucolose come nelle peggiori (anche recenti) tradizioni di questa squadra. Almeno per un po’ non saranno ascoltate.
I modi eleganti, l’appeal consolidato, una certa indipendenza intellettuale dai pensieri di un presidente (con Berlusconi finì male per questa ragione) sono le virtù consolidate di Leonardo. Poi c’è da mandare in campo la squadra: il famoso schema fantasia inventato al Milan, qui avrà un po’ meno fantasia. Meglio cercare un patto con la buona sorte: meno infortuni e recidive (si ricordi che il medico non finisce mai fra gli imputati) e qualche gol in più da parte di Milito, che in questi mesi ha messo a dura prova la sua fama di goleador.
L’Inter di Leo avrà in regalo Ranocchia riscattato dal Genoa (cedendo Destro, Natalino e Obi), ma poco altro, ha fatto intendere Moratti convinto che questa squadra sia forte come l’anno scorso. Miopia scoraggiante. Leonardo ci proverà con la strategia dell’amore e degli abbracci: al Milan servì, qui rischia sorrisi di circostanza. A Milanello, Leo era raccomandabile per la gestione, più che per le trovate tattiche e la bontà dei cambi in corsa durante la partita. In qualche caso aveva Tassotti che gli faceva da sponda. Qui sarà un po’ più solo.

Un uomo al vento. Un navigatore solitario. Una velenosa battuta interista l’ha salutato così: a convincere il presidente è stata la gestione del derby dell’anno passato. Finì 4-0 per il Milan. Moratti, se ci sei batti un colpo.

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